Sanità in Calabria, commissariamento in parte incostituzionale

La Corte Costituzionale ha bocciato il commissariamento ultradecennale della sanità in Calabria
Corte Costituzionale

In situazioni particolarmente critiche come quella dell’ultradecennale commissariamento della Sanità della Regione Calabria, lo Stato non può limitarsi a un “mero avvicendamento del vertice, senza considerare l’inefficienza dell’intera struttura sulla quale tale vertice è chiamato a operare in nome dello Stato“. Cosi la Consulta ha dichiarato parzialmente incostituzionale quell’intervento.

In particolare è incostituzionale non avere previsto che al prevalente fabbisogno della struttura di supporto del commissario ad acta debba provvedere “direttamente lo Stato” con personale esterno. Così come avere imposto alla Regione di mettere a disposizione un contingente “minimo” anziché “massimo” di 25 unità di personale regionale. E’ quanto sottolinea la sentenza 168 del 2021 che ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 150 10 novembre 2020, convertito nella legge 181/2020. Secondo la sentenza, nella riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione il riconoscimento del valore delle autonomie è in “prospettiva generativa” e quindi occorre dare “la prova concreta della realizzazione di determinati interessi essenziali”, la cui tutela spetta allo Stato quale “garante di ultima istanza”.

In particolare è incostituzionale non avere previsto che al prevalente fabbisogno della struttura di supporto del commissario ad acta debba provvedere “direttamente lo Stato” con personale esterno. Così come avere imposto alla Regione di mettere a disposizione un contingente “minimo” anziché “massimo” di 25 unità di personale regionale. E’ quanto sottolinea la sentenza 168 del 2021 che ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 150 10 novembre 2020, convertito nella legge 181/2020. Secondo la sentenza, nella riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione il riconoscimento del valore delle autonomie è in “prospettiva generativa” e quindi occorre dare “la prova concreta della realizzazione di determinati interessi essenziali”, la cui tutela spetta allo Stato quale “garante di ultima istanza”.

Questo potere sostitutivo dello Stato, tuttavia, deve essere “utile” e quindi si giustifica solo se garantisce effettivamente le esigenze unitarie della Repubblica invece compromesse dalla Regione. Si “rischia altrimenti di produrre, a causa dell’impotenza cui si destina il commissario, un effetto moltiplicatore di diseguaglianze e privazioni in una Regione che già sconta condizioni di sanità diseguale”. Pertanto occorre un intervento che comporti una prevalente sostituzione della struttura inefficiente con personale esterno altamente qualificato e fornito direttamente dallo Stato, in modo da evitare anche ogni possibile condizionamento ambientale. La Corte ha anche dichiarato l’illegittimità dell’articolo 6, comma 2, nella parte in cui non prevede, per l’assegnazione del contributo triennale di solidarietà di 60 milioni, in alternativa al piano di rientro presentato dal Commissario per il periodo 2022-2023, l’approvazione di un nuovo piano di rientro presentato dalla Regione. (Ansa)

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