di Mimmo Famularo – “Il potere logora chi non ce l’ha”. Il vecchio aforisma coniato da Giulio Andreotti è quanto mai attuale nello scenario di Catanzaro. La vittoria di Nicola Fiorita ha nei fatti frantumato il centrodestra in almeno tre tronconi. La coalizione che sosteneva Valerio Donato non esiste quasi più e a poco più di dieci giorni dal ballottaggio che ha rivoluzionato la storia della città capoluogo di Regione in Consiglio comunale sono maturi i tempi per una nuova maggioranza tale da permettere al neo sindaco di aggiustare la zampa zoppa di quell’anatra che si vorrebbe far correre.
Il gruppo Talerico sempre più ago della bilancia
Il gruppo Talerico sempre più ago della bilancia
Antonello Talerico è stato il primo a smarcarsi dal centrodestra tradizionale e il suo peso cresce di giorno in giorno. Qualche lieta sorpresa potrebbe arrivare persino dal riconteggio dei voti. Fonti accreditate parlano di un possibile colpo di scena nella distribuzione dei seggi a poche ore dalla proclamazione ufficiale del nuovo Consiglio comunale. La coalizione sostenuta, tra gli altri, anche da Mimmo Tallini e Claudio Parente, potrebbe guadagnare un quinto consigliere comunale a discapito dello schieramento “donatiano”. Intanto Manuela Costanzo, eletta nella lista di Toti “Catanzaro prima di tutto” starebbe dialogando con “Noi con l’Italia” e potrebbe infoltire ulteriormente il gruppo. Se le indiscrezioni, sempre più insistenti, con il passare delle ore trovassero conferma reale, il fronte Talerico-Tallini-Parente si ritroverebbe con sei consiglieri comunali (4+2) e Fiorita con 16 possibili sostenitori all’interno dell’assemblea per una maggioranza (quasi) raggiunta.
Mancuso e il centrodestra all’angolo
E’ chiaro che un’ipotesi del genere toglierebbe potere a Filippo Mancuso che forte dell’elezione di cinque consiglieri comunali (tre di Alleanza per Catanzaro e due per Prima l’Italia) non si sarebbe rassegnato all’idea di rinunciare alla presidenza del Consiglio comunale. Il nome sul piatto è sempre quello di Eugenio Riccio ma non sono escluse altre ipotesi sulle quali potrebbe convergere Forza Italia rappresentata in aula dal nuovo corso firmato Marco Polimeni e Alessandra Lobello. Nel frattempo Mancuso ha categoricamente smentito presunti inciuci con Fiorita e compagni (LEGGI QUI). Il blocco del centrodestra tradizionale viaggia però in ordine sparso e a completarlo ci sono Fratelli d’Italia e, staccato dai “meloniani”, Emanuele Ciciarello, tra i più votati in assoluto nella coalizione Donato, vicino alle posizioni del consigliere regionale Montuoro. Sembra essersi invece già smarcato Luigi Levato che in molti danno tra i possibili nuovi sostenitori di Nicola Fiorita e della maggioranza che si sta progressivamente formando.
I “nuovi” responsabili
In posizione ibrida, a metà strada tra Donato e Fiorita, ci sarebbe un nugolo di consiglieri comunali di area centrista: da Lea Concolino fino a Jonni Corsi passando per Francesco Scarpino e Sergio Costanzo. Un gruppetto di cinque o sei neo-eletti che ufficialmente sono ancora nella coalizione di centrodestra ma che, nella pratica, dialogano con il centrosinistra e sono pronti a fare da stampella pur di cancellare dal vocabolario la parola “dimissioni”. Quest’ultima ipotesi non è proprio annoverata e la maggior parte degli analisti è concorde: un’intesa con Fiorita e compagni è possibile magari con qualche “contentino” nel gioco ad incastri delle commissioni. Il flirt è appena iniziato.
Gli ultimi irriducibili “donatiani”
Si sente deluso e tradito Valerio Donato che sperava quanto meno di tenere unita l’opposizione che ha impiegato però meno di una settimana per disintegrarsi. Colpita e affondata, al di là delle posizioni ufficiali di circostanza, dagli interessi individuali sui quali sembra aver avuto gioco facile la strategia “democristiana” di Nicola Fiorita. Il prof dell’Umg può contare sulla lealtà di Giovanni Parisi, eletto nella lista “Rinascita”, e su quella dei consiglieri comunali di “Avanti”, Giorgio Arcuri e Stefano Veraldi. Il resto è un grosso punto interrogativo e l’elezione del presidente del Consiglio sarà il primo vero test per capire se c’è ancora un margine per ricomporre le spaccature (più o meno visibili) tutte interne alla sua coalizione.