A chi fa paura Gratteri? La campagna di delegittimazione è bipartisan

Dagli “invisibili” della ‘ndrangheta che lavorano nei grattacieli di Milano fino alle “toghe rosse” che temono di perdere il controllo della Procura più prestigiosa
gratteri chiesa

di Mimmo Famularo – Il 16 maggio del 2016 Nicola Gratteri si insediava a capo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro tra applausi e consensi praticamente unanimi. Cinque anni dopo l’ufficio di Procura da lui diretto è un’autentica portaerei. Sono arrivati uomini, mezzi, risorse per sferrare l’assalto a tutta quell’area grigia che alimenta la ‘ndrangheta in Calabria e in Italia. Non c’è settimana che non scatti un’operazione eppure oggi il magistrato originario di Gerace ha meno fans e più detrattori. Nei suoi confronti si è scatenata una campagna di delegittimazione che parte dai centri di potere lontani dalla Calabria, non ha colori politici ed è bipartisan. Ultimamente a Gratteri è stata attribuita ogni colpa ed è stato imputato davvero di tutto: manettaro, giustizialista, forcaiolo, megalomane, onnipotente e onnipresente, persino negazionista e antisemita.

Il modello Gratteri e le critiche “radical chic”

Il modello Gratteri e le critiche “radical chic”

Una domanda sorge davvero spontanea: a chi fa paura Nicola Gratteri? Sicuramente no agli avvocati con la A maiuscola, quelli abituati a tenere i loro clienti a più scrivanie di distanza e a confrontarsi con una magistratura forte per accrescere il loro prestigio. Questi ultimi lo ringraziano per aver trasformato il distretto di Catanzaro quasi nella capitale giudiziaria italiana. E’ altrettanto sicuro che Gratteri faccia tanta paura alla ‘ndrangheta. In cinque anni ha ottenuto tanti risultati quanti i suoi predecessori in due decenni e il distretto di Catanzaro si è trasformato nell’epicentro della lotta alla mafia. Un modello da seguire e da esportare. Certamente non dai garantisti “radical chic”, quelli che vorrebbero contrastare l’organizzazione mafiosa più potente al mondo con armi convenzionali. Gratteri fa paura, tanta paura. Non solo ai boss e ai loro sodali. Fa paura a tutti quegli imprenditori che con la ‘ndrangheta hanno fatto e fanno affari. Se la stanno facendo sotto tutti quei politici che hanno venduto l’anima al diavolo. E’ temuto persino da quelli che nulla devono temere. Ma Gratteri non piace soprattutto ai poteri forti: un agglomerato di “colletti bianchi”, “massoni deviati”, “faccendieri”, “lobbisti”, “professionisti dell’inciucio” e “giornalisti asserviti”. In una sola parola “massomafia”. Sono gli “invisibili” della ‘ndrangheta che si annidano nei centri decisionali. Dietro la campagna di denigrazione che punta a isolare il magistrato di Gerace ci sono anche loro.

Chi non vuole Gratteri a Milano?

La paura è che Gratteri possa lasciare Catanzaro e trasferirsi a Milano, la capitale finanziaria d’Italia. E’ qui che la ‘ndrangheta ha investito diventando una holding. Gli “invisibili” si nascondono nei grattacieli lombardi. Non hanno la coppola e la lupara ma vestono in giacca e cravatta. Il modello Gratteri esportato a Milano avrebbe gli effetti di uno tsunami che a confronto “Rinascita Scott” prenderebbe le sembianze di un piccolo movimento tellurico. Così nelle ultime settimane si è assistito al divampare di una campagna mediatica anti-Gratteri portata avanti da alcuni giornali di nicchia letti dall’élite ma anche da altri organi di informazione più popolari e più diffusi. Firme illustri e opinion-leader che non sanno neanche dove si trovi Limbadi e che la parola ‘ndrangheta la conoscono solo per averla letta su un vocabolario. Eppure rappresentano quella parte della stampa che vuole sbarrare la strada a Gratteri. Giornali di destra alleati con magistrati di sinistra, le cosiddette “toghe rosse”. Perché Gratteri fa paura anche ai suoi stessi colleghi, quelli che non lo vorrebbero a capo della Procura di Milano. Gratteri non appartiene ad alcuna corrente e non ha sponsor politici alle spalle. Farà domanda di trasferimento perché la legge lo permette e perché tra tre anni scadrà il suo mandato a Catanzaro. Le principali destinazioni per un magistrato del suo livello e del suo prestigio sono proprio la Procura di Milano e la Direzione nazionale antimafia. Un ruolo più operativo il primo, di rappresentanza e raccordo il secondo. Potesse scegliere proseguirebbe la sua lotta alla ‘ndrangheta a capo dell’Ufficio di Procura milanese. E questo è probabilmente il motivo principale della campagna di delegittimazione avviata nei confronti di Gratteri, considerato un candidato autorevole, forse il più forte, destinato a sparigliare le carte nella corsa al posto più ambito dai magistrati italiani. Perché Catanzaro è Calabria, Milano è Italia.

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