Sarà in atto forse la tredicesima candidatura autonoma alla sindacatura, ma tant’è. Alle Comunali di Reggio Calabria del 20 e 21 settembre il Partito comunista dei lavoratori di Marco Ferrando ci sarà, sì; ma come ha abituato i suoi elettori, svolgerà una “corsa” autonoma, solitaria, sganciata da ogni coalizione.
Il Partito comunista dei lavoratori, che come negli ultimi due turni elettorali vedrà l’impegno diretto di Pino Siclari quale aspirante alla fascia tricolore, «partecipa con una sua presenza autonoma e contrapposta a tutte le altre, alle elezioni comunali» perché, si legge in un’articolatissima nota stampa, «ha il solo programma chiaro e alternativo rispetto a tutti quelli che, centrodestra e centrosinistra, hanno portato la città nel caos con il collasso dei servizi e tariffe insostenibili. Solo rimettendo in campo le forze dei lavoratori, dei giovani, delle donne, delle masse povere si può ridare voce alle speranze».
Niente chances d’apparentamento, dunque, neppure per il “civismo di Sinistra” incarnato dal Patto civico che schiera come candidata a sindaco Maria Laura Tortorella né col movimento La Strada che punta su Saverio Pazzano: «Tutti coloro che muovendosi su un terreno localista e interclassista agitano la bandiera del nuovo “qualunquismo di sinistra”, rimuovendo questa necessità ingannano e disorientano i loro interlocutori. La crisi di Reggio Calabria ha connotati di classe, non è una generica “questione di strada” – affermano dal Pcl –. È figlia del sistema di potere dei capitalisti, delle privatizzazioni che hanno liquidato i servizi pubblici (a cominciare dalla gestione dei rifiuti) e hanno dato più forza alla mafia» come pure «della voracità del modello Reggio e della sua pesante eredità della sinistra borghese (PD) incapace a proporre un cambiamento reale».
Invece il Partito comunista dei lavoratori vuol accreditarsi come «la sola forza che da anni senza cedere a lusinghe e a logiche di imboscamento continua coerentemente a stare a fianco di lavoratori, di giovani e donne. Siamo comunisti nei fatti», si rileva.
Non manca il classico “decalogo” programmatico che sosterrà la discesa in campo di Siclari.
In cima, c’è la proclamazione del dissesto finanziario, come pure la «cancellazione degli oneri a carico dei reggini più deboli», la confisca dei beni dei «responsabili del “sacco” di Reggio», tariffe proporzionali al reddito e ai servizi effettivamente fruiti, riqualificazione di territorio, ambiente e sistema viario, la richiesta forte dell’abolizione del debito pubblico, dei vincoli di stabilità e del progetto per il Ponte sullo Stretto, la richiesta di una “patrimoniale” sulle grandi ricchezze per sostenere finanziariamente gli Enti locali, l’istituzione dei Consigli di quartiere (in pratica, il ritorno in auge delle Circoscrizioni), un rapporto reale coi «movimenti progresisivi», che guardino con attenzione alle politiche antidiscriminatorie o alle minoranze linguistiche.
E poi un punto particolarmente “forte”, nelle ore in cui si celebra il mezzo secolo dalla “Rivolta di Reggio”: «Una nuova identità culturale di segno antifascista, in cui l’Arena dello Stretto (oggi intitolata al senatore missino Ciccio Franco, ndr) sia intitolata ad Antonio Gramsci».