A Vibo la lectio magistralis di Wanda Ferro su ‘ndrangheta, religione e ostentazione del potere

Al liceo Capalbi di Vibo dibattito su 'ndrangheta e religione con la partecipazione di prefetto, questore e comandante carabinieri

Gli studenti del liceo ‘Capialbi’ di Vibo ospitano nella loro aula magna una lectio magistralis del sottosegretario al Ministero dell’Intero, Wanda Ferro, apertura di un ampio dibattito sul tema della criminalità organizzata. ‘Il limite tra lecito e illecito, ‘ndrangheta, potere e ostentazione nella società. Processioni e inchino’. Questo il titolo scelto dal liceo vibonese per un incontro che ha visto anche la partecipazione del Prefetto di Vibo Valentia, Paolo Giovanni Grieco, di Cristiano Tatarelli, questore di Vibo Valentia, di Luca Toti, comandante provinciale dei Carabinieri, di Caterina Muggeri, presidente Croce Rossa, e di Mimmo Famularo, direttore di Calabria7. Ad aprire le danze, però, sono stati i doverosi saluti del dirigente scolastico del ‘Capialbi’, Antonello Scalamadrè, che ha preceduto una introduzione ai lavori, appannaggio degli stessi studenti.

Ferro ai giovani: ‘scegliete da che parte stare’

Ferro ai giovani: ‘scegliete da che parte stare’

“La vera scommessa non è certo trovare ciò che la ‘ndrangheta offre. – ha esordito l’onorevole Ferro rivolgendosi agli studenti – Ai giovani offre soltanto delle scorciatoie illusorie. Uscite, cari ragazzi, dalla società della paura – ha continuato – e scendete nella società del rischio, scegliete da che parte stare”.

Il tema degli ‘inchini’

Il tema caldo, quello dei celeberrimi ‘inchini’, è stato invece affrontato dall’avvocato Salvatore Pisani. Agli studenti, dunque, l’avvocato ha innanzitutto posto la chiara definizione di quello che si configura come reato di Turbatio sacrorum, previsto dall’art. 405 del codice penale. Reato, questo, che si configura nel momento in cui, durante una processione religiosa in luogo pubblico, in onore di un santo, la sua statua viene fatta sostare, dal capo vara, di fronte all’abitazione di un capo (o del suo coniuge), di un’associazione di tipo mafioso in segno di ossequio e rispetto. Ed è proprio il capo vara a dover rispondere, in quel caso, del reato. Due le condotte antigiuridiche attraverso le quali l’art. 405 può essere perfezionato, ha precisato ancora Pisani: l’impedimento della funzione oppure la turbativa della funzione, che si verifica quando il suo svolgimento non avviene in modo regolare e che stabilisce una pena fino a due anni di reclusione. Preso in esame, nel corso della disamina, il caso di Corleone, nel 2016, “quando la statua ebbe ad effettuare due soste, seppur di pochi secondi, davanti l’abitazione della moglie del capo dei capi dell’associazione mafiosa ‘cosa nostra’ in senso di ossequio e rispetto”. Caso, questo, che si è concluso con sentenza definitiva della Corte di Cassazione e con condanna del capo vara alla pena di mesi sei di reclusione.

La religione come strumento di legittimazione

L’intervento successivo è toccato al dottor Tatarelli, che si è soffermato a parlare ai ragazzi della tematica delle rappresentazioni religiose e dell’ostentazione del potere ‘ndranghetistico, il un percorso dall’origine del fenomeno fino alle misure di sicurezza da adottare. Il passaggio al tema successivo è un chiaro assist fornito dal discorso precedente, Il questore vibonese, infatti, è successivamente passato alla trattazione di un interessante discorso sulla religione come strumento di legittimazione. Ultimo a intervenire è, infine, il colonnello Luca Toti, comandante provinciale dei Carabinieri di Vibo Valentia, che ha detto la sua sull’argomento cardine del convegno. Il Colonnello Toti ha inoltre precisato che nel settembre del 1982 è stato introdotto l’art. 416 bis; lo strumento, per forze dell’ordine e magistratura, per contrastare le mafie, obiettivo primario tra le grandi sfide. “Da soli si va più veloci e insieme si va più lontano. – ha detto ai giovani studenti – Il contrasto alle mafie non si fa solo con le indagini, ma è anche con gli incontri come quello di oggi”.

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