di Danilo Colacino – C’eravamo tanto amati! Già, proprio il titolo di uno degli innumerevoli capolavori dell’immenso Ettore Scola la cui trama vedremo se domani sarà per così dire ripercorsa in un attesissimo consiglio comunale. Un civico consesso in cui il sindaco Sergio Abramo, dopo l’inattesa (?) scelta di appoggiare alla corsa per il governatorato il collega cosentino Mario occhiuto, potrebbe avere non pochi problemi di gestione dell’aula e in particolare di feeling con la sua stessa maggioranza. A cominciare dall’intesa con il fin qui inseparabile delfino Marco Polimeni, nei mesi scorsi apparentemente designato alla carica di successore alla guida di Palazzo De Nobili. Un imprimatur che, dopo quanto accaduto nel weekend, pare vacillare. E non poco.
Le scelte ‘ambigue’ del sindaco e l’impazienza degli alleati, sempre meno fiduciosi nella sua volontà di rispettare i patti. Come messo in rilievo negli articoli pubblicati da calabria7.it nei giorni scorsi inerenti alla per certi versi clamorosa decisione di Abramo – scordatosi improvvisamente di essersi autoproclamato strenuo difensore della catanzaresità a oltranza per la presidenza della Regione – gli alleati del primo cittadino, gli Aielloboys e quelli di Officine del Sud su tutti, hanno iniziato a storcere il muso. E parecchio. A essere rimasti con l’amaro in bocca, però, sono soprattutto stati i vertici di Catanzaro da Vivere, che peraltro alle Amministrative del 2017 avevano ‘trovato la quadra’ con Abramo solo all’ultimo momento. Un patto da cui era scaturito l’affondamento del cosiddetto Piccolo Centro con tanti saluti al precedente accordo con l’Udc e alle velleità di un professionista dello spessore di Tonino De Marco, comunque poi curiosamente diventato stretto collaboratore di chi avrebbe appunto dovuto essere il suo principale competitor. Ma questa è un’altra storia, che dimostra soltanto come le vie della politica – al pari di quelle del Signore – siano infinite. Al di là di ogni riflessione, infatti, malgrado i ben noti attendismo ed ecumenismo dell’ex senatore Piero Aiello, del consigliere regionale Baldo Esposito e di chiunque militi nel loro gruppo, i malumori sono palesi. Un inedito per gente che, venendo in gran parte da una solida tradizione democristiana, è abituata alla mediazione a oltranza e ai sorrisi di circostanza.
Le scelte ‘ambigue’ del sindaco e l’impazienza degli alleati, sempre meno fiduciosi nella sua volontà di rispettare i patti. Come messo in rilievo negli articoli pubblicati da calabria7.it nei giorni scorsi inerenti alla per certi versi clamorosa decisione di Abramo – scordatosi improvvisamente di essersi autoproclamato strenuo difensore della catanzaresità a oltranza per la presidenza della Regione – gli alleati del primo cittadino, gli Aielloboys e quelli di Officine del Sud su tutti, hanno iniziato a storcere il muso. E parecchio. A essere rimasti con l’amaro in bocca, però, sono soprattutto stati i vertici di Catanzaro da Vivere, che peraltro alle Amministrative del 2017 avevano ‘trovato la quadra’ con Abramo solo all’ultimo momento. Un patto da cui era scaturito l’affondamento del cosiddetto Piccolo Centro con tanti saluti al precedente accordo con l’Udc e alle velleità di un professionista dello spessore di Tonino De Marco, comunque poi curiosamente diventato stretto collaboratore di chi avrebbe appunto dovuto essere il suo principale competitor. Ma questa è un’altra storia, che dimostra soltanto come le vie della politica – al pari di quelle del Signore – siano infinite. Al di là di ogni riflessione, infatti, malgrado i ben noti attendismo ed ecumenismo dell’ex senatore Piero Aiello, del consigliere regionale Baldo Esposito e di chiunque militi nel loro gruppo, i malumori sono palesi. Un inedito per gente che, venendo in gran parte da una solida tradizione democristiana, è abituata alla mediazione a oltranza e ai sorrisi di circostanza.
Il recente posizionamento di Abramo tornerà ad alimentare il possibile, se non molto probabile, naturale dualismo tra il citato presidente del civico consesso Polimeni e il vicesindaco Ivan Cardamone? Nella corsa per sostituire Abramo, una volta determinatosi a lasciare Palazzo Santa Chiara, sembrava esserci un favorito d’obbligo: il giovane Polimeni che pareva aver vinto – e per distacco – la concorrenza del suo predecessore alla presidenza del Consiglio Cardamone. L’armonia fra il mentore Sergio e l’allievo prediletto Marco pareva a prova di bomba con un avvicendamento tra i due – corpo elettorale permettendo, s’intende – scontato. Un’equazione tanto perfetta quanto adesso improvvisamente tutta da verificare. Perché malgrado le doti di diplomazia di Polimeni, cresciuto assai in fretta all’ombra di grandi maestri e per giunta dotato di una spiccata propensione alla condiscendenza, stavolta servirà davvero un capolavoro di equilibrismo per salvare capra e cavoli. Il rischio di un valzer di ‘principi ereditari’, insomma, è assai concreto.