Su carta solo una casa agricola con due serre, nei fatti, invece, un capannone, tre case prefabbricate, una costruzione adibita a ristorante, un campo di gara per competizioni equestri, una postazione per la giuria e altre opere non conformi al permesso a costruire. E’ quanto è emerso, a Crotone, da una verifica eseguita dalla Procura della Repubblica, nei confronti di un’azienda locale. Respinti i ricorsi al Tar della Calabria e al Consiglio di Stato.
Le difformità rispetto alle opere autorizzate, la mancata comunicazione di inizio lavori
Le difformità rispetto alle opere autorizzate, la mancata comunicazione di inizio lavori
Nel corso delle verifiche, è stata accertata la realizzazione in loco, laddove il permesso (oltretutto mai attivato) prevedeva solo una casa agricola e alcune serre, di opere non previste nel progetto assentito e consistenti in un capannone contenente box per cavalli; 3 casette prefabbricate, ciascuna della superficie di circa 49 mq, in luogo dell’unico fabbricato abitativo previsto nel progetto; un fabbricato adibito a ristorante, della superficie di circa 119 mq; ed inoltre: un campo di gara 60 x 40 mt, per competizioni equestri, un campo di addestramento mt. 24 x 20; una postazione per giuria, un tondino per cavalli del diametro di 16 metri; una tettoia; una piattaforma di cemento; 4 pozzi. Il permesso a costruire, stando a quanto riportato nella sentenza emessa in data odierna dal Consiglio di Stato (presidente: Fabio Franconiero; estensore: Roberta Ravasio) non sarebbe stato attivato per la mancata comunicazione di inizio lavori.
Tribunale Amministrativo Regionale e Consiglio di Stato d’accordo col Comune
Il Comune aveva ingiunto perentoriamente agli interessati la demolizione delle opere realizzate abusivamente entro 90 giorni. Era seguìto un ricorso al Tribunale Amministrativo della Calabria (respinto), poiché era stato rilevato che sull’istanza di sanatoria, presentata nel 2018, si era formato il silenzio-rigetto dell’amministrazione, legittimando in tal modo il provvedimento sanzionatorio. Il Tar inoltre ha ritenuto congruamente motivata l’ingiunzione di demolizione impugnata. Il ricorso respinto dal Tar, tuttavia, non ha scoraggiato i proprietari delle strutture, che hanno fatto appello al Consiglio di Stato. La sentenza emessa da quest’ultimo, tuttavia, pubblicata proprio oggi, 28 agosto, ribadisce quanto stabilito dal Tar e dal Comune. L’ordinanza rimane quindi valida e, in più, al Comune spetterà il risarcimento di 4mila euro per le spese di giudizio.