Accusato di aver riciclato soldi per i Grande Aracri, scarcerato imprenditore vibonese

Era finito in carcere nell'ambito dell'operazione "Taurus". La Cassazione ha annullato senza rinvio l'ordinanza di custodia cautelare
Giovanni Di Cicco

La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza di custodia cautelare a carico di Francesco Vallone, imprenditore originario del Vibonese e trapiantato nel Veronese, coinvolto nell’inchiesta “Taurus” che ha permesso di svelare l’esistenza di un sodalizio, costituito dalle famiglie “Gerace-Albanese-Napoli-Versace”, avente base operativa nella provincia di Verona e ritenuto dagli inquirenti, “appartenente all’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta, organizzata sulla base di regole formali e dei livelli gerarchici e funzionali (doti, cariche) propri del ‘Crimine di Polsi’”. Accolto dunque il ricorso presentato dalla difesa rappresentata dagli avvocati Giovanni Vecchio e Bruno Vallelunga e disposta la scarcerazione.

Le accuse a Vallone

Le accuse a Vallone

All’imprenditore vibonese si contesta la commissione di tre condotte di riciclaggio aggravate sotto il profilo dell’agevolazione mafiosa. Già in precedenza, nel dicembre 2020, la Suprema Corte aveva accolto un ricorso difensivo presentato dai difensori di Vallone disponendo un nuovo giudizio innanzi al Tribunale del Riesame di Venezia il quale, tuttavia, anche a fronte dell’annullamento del precedente provvedimento, aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Venezia su richiesta della locale Procura antimafia, in quanto gravemente indiziato della commissione delle tre condotte di riciclaggio – connesse a fatturazioni per operazioni inesistenti che sarebbero avvenute attraverso un noto centro studi a lui riconducibile – ritenute aggravate in quanto commesse al fine di agevolare la cosca Grande Aracri di Cutro, sodalizio mafioso avente le sue ramificazioni in Emilia Romagna e Veneto così come hanno ricostruito le operazioni “Aemilia” e “Isola scaligera”. L’impostazione dei giudici veneziani, tuttavia, non ha retto al vaglio della Suprema Corte che ha accolto il ricorso della difesa (di cui anche il procuratore generale aveva chiesto l’accoglimento) annullando l’ordinanza cautelare a carico di Francesco Vallone

Operazione “Taurus”

Le operazioni investigative, che sono state condotte dai carabinieri del Ros di Padova, hanno portato all’arresto di 33 persone, per un totale di oltre ottanta indagati e più di cento capi d’imputazione. La principale accusa che viene mossa è quella di aver costituito un’associazione mafiosa operante nella provincia di Verona dal 1981 fino all’attualità, ma non mancano gravi imputazioni specifiche (venticinque casi di estorsioni, tredici episodi di riciclaggio di danaro sporco, otto condotte di usura e una decina di furti) nonché numerose contestazioni in materia di narcotraffico. Attualmente il processo con rito ordinario (dove Francesco Vallone è imputato) è alle battute iniziali innanzi al Tribunale di Verona, mentre nel filone celebrato nelle forme del giudizio abbreviato si è avuta la sentenza di primo grado, emessa dal gup del Tribunale di Venezia, che ha visto 24 imputati condannati, 6 patteggiamenti (per oltre 107 anni di carcere) e confische per oltre 3 milioni di euro.

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