“Si è celebrata nella giornata del 23 marzo, davanti al Tribunale di Catanzaro, in composizione collegiale (presidente Gennaro, giudici a latere Strangis e Lamanna), l’udienza conclusiva del processo a carico del 31enne catanzarese T.C., il quale era accusato di violenza sessuale aggravata atteso che, secondo l’editto imputativo, abusando della condizione di inferiorità psicofisica di C.A.M. – dettata dall’abuso di sostanze stupefacenti che avevano consumato insieme all’interno dell’abitacolo della macchina a lui in uso -, induceva quest’ultima ad avere un rapporto sessuale completo a Catanzaro il 24 agosto 2016“.
La denuncia
La denuncia
“A ben vedere – scrive in una nota l’avvocato del Foro di Catanzaro Gregorio Casalenuovo -, nella querela presentata dalla persona offesa sette mesi dopo rispetto ai fatti contestati, la stessa aveva dichiarato di non ricordare se avesse opposto resistenza o se avesse avuto il rapporto in modo consenziente. Sulla base di questa dichiarazione il pm procedente aveva chiesto l’emissione di un provvedimento di archiviazione. A seguito di opposizione della persona offesa, il gip disponeva invece comunque il rinvio a giudizio di T.C”.
La richiesta della difesa
“L’iter giudiziario continuava pertanto davanti al gup di Catanzaro, dinanzi al quale i difensori dell’imputato – i legali Gregorio Casalenuovo e Giuseppe Risadelli del Foro di Catanzaro -, chiedevano la definizione del procedimento nelle forme del rito abbreviato condizionato all’acquisizione di una consulenza medica sulla persona dell’imputato e di una serie di documenti. La richiesta veniva però rigettata dal gup. I difensori dell’imputato, tuttavia, non si davano per vinti e reiteravano l’istanza dinanzi al Tribunale collegiale di Catanzaro che ammetteva il rito così come richiesto dagli avvocati e rinviava per la discussione.
Nell’ambito della stessa, l’avvocato Gregorio Casalenuovo, oltre a sottolineare l’importanza della consulenza medica e dei documenti acquisiti, poneva l’accento su una serie di contraddizioni riscontrate mediante un mero raffronto fra la querela versata in atti e i verbali delle sommarie informazioni testimoniali delle persone sentite dalla polizia giudiziaria, al fine di fare emergere una serie di incongruenze tali da minare alla base il narrato della persona offesa dal reato e, quindi, la sua attendibilità”.
“Il Pubblico Ministero – continua la nota -, con grande onestà intellettuale, nel corso della sua requisitoria chiedeva l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non costituisce reato atteso che, l’uso di sostanza stupefacente, consapevole e volontario da parte sia di T.C. che della persona offesa (come da lei stesso dichiarato), poneva seri dubbi circa la sussistenza della volontà dell’imputato di abusare della persona offesa e, quindi, di costringerla ad avere un rapporto sessuale. I difensori chiedevano, invece, l’assoluzione con la formula terminativa più ampia per insussistenza del fatto, richiesta che – concludono i legali – il Tribunale collegiale di Catanzaro accoglieva ponendo fine al calvario giudiziario di T.C., accusato ingiustamente di violenza sessuale”.