di Danilo Colacino – Uno slogan di metà anni ’90 per il reclutamento nell’Aia recitava più o meno così: “Fare l’Arbitro, un modo diverso di praticare sport”. Un messaggio efficace che spinge ancora oggi centinaia di ragazzi, soprattutto al Sud, a indossare divisa e scarpini per andare incontro a ogni genere di improperi e persino rischi di incolumità fisica. “Ma chi li prega, dicono spesso in gergo tutti. Parenti e amici compresi”. Chissà, magari la voglia di calcare il rettangolo verde ad alti livelli malgrado non si sia dotati di talento per diventare giocatori professionisti o semplicemente un amore viscerale per il calcio. Fatto sta che ogni finesettimana, talvolta anche in occasione delle cosiddette feste comandate, un esercito di direttori di gara, assistenti di linea e anche loro osservatori, salutano i familiari e si sobbarcano viaggetti talora anche di 360 km, fra andate e ritorno, lungo le non certo fantastiche strade della Calabria per offrire un servizio alla Figc. Passione pura – quasi una forma di larvata pazzia per alcuni – dal momento che con il rimborso spese allo stato attuale (considerato il caro benzina e il costo di un pasto in autogrill) copri solo quelle e poco altro. Alcuni tesserati, in verità, cullano l’ambizione di fare carriera, ma mentre si sale la piramide diventa sempre più un imbuto strettissimo in cui ad assumere un ruolo decisivo sono tanti fattori e non tutti controllabili dal diretto interessato. Anzi. Ecco allora che per un Rocchi o un Orsato da firmamento del fischietto ci sono migliaia di signor ‘tal dei tali’, pur molto bravi, che non solo la Serie A, ma anche la C, la vedranno solo in tv. Ma alla maggior parte delle ex giacchette nere non frega alcunché, perché vanno avanti stoicamente.
Ma a quale ‘categoria’ appartiene l’arbitro oggetto di un’aggressione qualche ora fa a Lido in occasione di Borgia – Rombiolese del girone B di Promozione calabrese? Loris Graziano, l’arbitro della sezione di Rossano presieduta da Francesco Filomia, aggredito in Borgia – Rombiolese è quello che in ‘arbitrese’ si definisce un grande prospetto. Un ragazzo poco più che 20enne che lo scorso 13 aprile è stato designato per dirigere la finale di Coppa Calabria (destinata alle formazioni di Prima Categoria da non confondere con la fase regionale della Coppa Italia dei Dilettanti) – sul neutro di Pianopoli – fra Praia Tortora e Ravagnese, terminata 2 – 1 in favore dei cosentini dopo i tempi supplementari. Un ragazzo, visionato in tale sfida anche dal componente Cra Pino Mandaradoni, di sicuro avvenire e, se non quest’anno, in un prossimo futuro destinato al salto nella Cai. Arbitro con della stoffa, quindi, che nell’occasione può però anche aver sbagliato o non essersi dimostrato all’altezza della fama. E – si badi bene – lo diciamo per mera ipotesi, o meglio per paradosso, non avendo assistito alla gara. Ma per nulla meritevole di subire un’aggressione fisica al pari di altri colleghi oggetto, ogni domenica, di pressioni di ogni tipo a mo’ di sfogatoio di mille frustrazioni. Pratica intollerabile, che auspichiamo chi di dovere stronchi proprio ora alla vigilia della fase ‘rovente’ di playoff e spareggi-retrocessione.
Ma a quale ‘categoria’ appartiene l’arbitro oggetto di un’aggressione qualche ora fa a Lido in occasione di Borgia – Rombiolese del girone B di Promozione calabrese? Loris Graziano, l’arbitro della sezione di Rossano presieduta da Francesco Filomia, aggredito in Borgia – Rombiolese è quello che in ‘arbitrese’ si definisce un grande prospetto. Un ragazzo poco più che 20enne che lo scorso 13 aprile è stato designato per dirigere la finale di Coppa Calabria (destinata alle formazioni di Prima Categoria da non confondere con la fase regionale della Coppa Italia dei Dilettanti) – sul neutro di Pianopoli – fra Praia Tortora e Ravagnese, terminata 2 – 1 in favore dei cosentini dopo i tempi supplementari. Un ragazzo, visionato in tale sfida anche dal componente Cra Pino Mandaradoni, di sicuro avvenire e, se non quest’anno, in un prossimo futuro destinato al salto nella Cai. Arbitro con della stoffa, quindi, che nell’occasione può però anche aver sbagliato o non essersi dimostrato all’altezza della fama. E – si badi bene – lo diciamo per mera ipotesi, o meglio per paradosso, non avendo assistito alla gara. Ma per nulla meritevole di subire un’aggressione fisica al pari di altri colleghi oggetto, ogni domenica, di pressioni di ogni tipo a mo’ di sfogatoio di mille frustrazioni. Pratica intollerabile, che auspichiamo chi di dovere stronchi proprio ora alla vigilia della fase ‘rovente’ di playoff e spareggi-retrocessione.