di Gabriella Passariello- Il professionista “a disposizione della cosca Bagalà”, l’imprenditore lametino vessato dal clan e “consigliato” da un legale e dal marito di un giudice della Corte di appello di Catanzaro di non intraprendere azioni giudiziarie contro uno degli indagati chiave dell’inchiesta della Dda, coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri, nome in codice “Alibante”. Nell’informativa dei carabinieri sono state acquisite le dichiarazioni accusatorie di un imprenditore nei confronti dell’architetto Vittorio Macchione e del boss Carmelo Bagalà relative alle estorsioni da lui subite in relazione alla gestione di un villaggio turistico. In questo contesto la vittima fa riferimento ad un ufficiale della Guardia di Finanza, amico di Macchione, che questi aveva più volte invocato, minacciandolo di fargli compiere accertamenti nei suoi confronti, per costringerlo a sottostare alle sue richieste.
Le scottanti confidenze di un avvocato all’imprenditore
Le scottanti confidenze di un avvocato all’imprenditore
L’uomo riferisce che l’architetto inizialmente attraverso i propri legali e successivamente di persona, tenta di contattarlo e alla fine del 2004 inizi 2005 fissano un incontro in un bar di Lamezia. In questa occasione Macchione, vantando le sue amicizie negli ambienti della criminalità organizzata, in base a quanto riportato nell’informativa, lo minaccia di morte intimandogli di ritirare le denunce effettuate, intimidazioni inizialmente rispedite al mittente: “replicando che non avrei ritirato nulla. Temevo per l’incolumità mia e della mia famiglia, poiché Macchione era un soggetto, quanto meno per sua stessa ammissione vicino alla criminalità organizzata”. L’imprenditore racconta che anche il suo avvocato è stato minacciato “gli veniva intimato di desistere nell’azione giudiziaria in mio favore da parte del marito di un magistrato della Corte di appello di Catanzaro”. Una circostanza confidatagli dal suo legale in possesso, a suo dire, di una registrazione audio relativa all’intimidazione subita”.
I “consigli” di un legale per evitare di denunciare
L’imprenditore aggiunge di essere stato contattato telefonicamente da un legale, che nel corso di alcuni incontri successivi, “lo consiglia” di lasciare perdere, di non proseguire in azioni legali nei confronti di Macchione, “poiché avrei subito ritorsioni da parte dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza”, aggiungendo che l’architetto era intimo amico di un ufficiale delle Fiamme gialle. Dopo le minacce e “consigli” ricevuti, l’imprenditore decide il male minore per evitare di subire ulteriori intimidazioni e scende a patti con Macchione, pagando fino al 2012 -2013 una somma di 21.750 euro mensili, non nascondendo che dopo l’estensione del villaggio e la rescissione di alcuni contratti ha iniziato ad avere difficoltà nel saldare le somme concordate, fino a quando ha deciso di denunciare tutto alla polizia giudiziaria.
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