di Gabriella Passariello- Il controllo sul territorio Lametino del clan Bagalà e il riconoscimento del potere esercitato dal suo capo bastone non si focalizzava solo sugli aspetti politici, amministrativi ed economici. A lui si rivolgevano anche per questioni di natura personale. Emblematica è la vicenda riportata nell’ordinanza dell’inchiesta della Dda di Catanzaro “Alibante”, di una coppia che si è rivolta al boss perché la donna vuole interrompere una gravidanza illegale. I due si recano al distributore di Falerna, considerato il punto di riferimento per poter avere un colloquio con Bagalà e interloquiscono con Mario Gallo, il quale contatta il boss, che poco dopo giunge nel luogo dell’incontro.
Aiutata dal boss per interrompere la gravidanza
Aiutata dal boss per interrompere la gravidanza
Nel corso del colloquio, la donna riferisce di essere in stato interessante, ma che ha superato il termine di legge per poter interrompere volontariamente la gravidanza e che la propria ginecologa si è rifiutata di praticare l’aborto terapeutico (vista anche l’assenza di motivi di salute che avrebbero potuto legittimare l’aborto). La coppia chiede aiuto a Bagalà, affinchè con le sue conoscenze riesca a trovare un ginecologo compiacente e il boss contatta un ex dirigente medico dell’ospedale di Lamezia a cui chiede di “veicolare”, tramite un altro medico, un messaggio per rabbonire la ginecologa che non voleva praticare l’aborto. Per il gip Matteo Ferrante, firmatario dell’ordinanza quello che maggiormente colpisce nella telefonata è la terminologia e l’atteggiamento assunto dai colloquianti, chiaramente espressivo di una mentalità mafiosa: “ ma ascoltate…io so che voi siete impelagato… siccome c’è la moglie di un mio carissimo amico… che ha un problema che dipende tutto da… dalla signora lì… che mi avete capito benissimo… gliela facciamo una telefonata che si mette a disposizione… dottò… gliela deve fare che è una cosa che ci interessa personalmente”. L’intervento di Bagalà sortisce l’effetto sperato, anche se non è dato sapere attraverso quale canale: il 16 aprile 2018 la donna viene ricoverata nel reparto di Ginecologia dell’Ospedale di Soverato e si sottopone ad aborto terapeutico.
Le corsie preferenziali per accertamenti sanitari
L’attivismo di Bagalà nella campagna elettorale era finalizzata non solo ad appoggiare la candidatura di aspiranti sindaci, ma anche di alcuni candidati consiglieri, come Salvatore Grandinetti di professione paramedico, figlio dell’agente di polizia municipale Fiorenzo Nino. Grandinetti affiora in alcune intercettazioni a partire da marzo 2018, quindi diversi mesi prima che decidesse di candidarsi alle competizioni elettorali. Nel corso dei colloqui intercettati, Carmelo Bagalà si rivolge a Grandinetti per ottenere corsie preferenziali per sottoporsi ad accertamenti sanitari di cui ha bisogno. In particolare l’8 marzo 2018, Bagalà contatta il sanitario, che si mette a disposizione per fargli fare una Tac in una struttura sanitaria. Due giorni dopo, lo stesso sanitario chiama Bagalà, comunicandogli che il giovedì successivo gli avrebbe fatto fare l’accertamento richiesto, offrendosi di accompagnarlo: “la facciamo giovedì mattina alle 8, va bene zio Carmè?… sì dico Tac… sì che t’accompagno io… sì, sì è già tutto pronto”. Effettivamente il 14 marzo 2018 Grandinetti accompagna Bagalà all’ospedale di Lamezia. Circa due mesi dopo il boss contatta Grandinetti, perché la propria figlia Francesca Bagalà, sorella di Maria Rita, ha necessità di sottoporsi ad una risonanza magnetica in una clinica di Lamezia e il paramedico, sfrutta la sua qualifica professionale in servizio in strutture pubbliche e private per mettersi nuovamente a disposizione del boss.
“Il candidato Grandinetti a disposizione del boss”
Grandinetti dà una mano a Bagalà e alla sua famiglia per l’esecuzione di diversi accertamenti sanitari, ottenendone in cambio, secondo la Dda l’appoggio elettorale alle elezioni per il rinnovo del comune di Nocera Terinese, cristallizzando il reato di voto di scambio politico- mafioso. Per il gip però gli accertamenti sanitari in favore di Carmelo Bagalà e dei suoi congiunti per la cui effettuazione Grandinetti si è effettivamente prodigato si collocano per lo più in epoca antecedente rispetto alla sua candidatura alle elezioni comunali o comunque rispetto a quando ha riferito a Carmelo Bagalà le sue aspirazioni politiche: i favori e “la messa a disposizione” di Grandinetti nei confronti del clan non costituiscono la merce di scambio per l’appoggio elettorale. Per il giudice è vero che Grandinetti quando si è rivolto a Bagalà per ottenerne sostegno alle elezioni era perfettamente conscio della sua caratura mafiosa, ma tale circostanza sebbene obiettivamente grave, “in difetto di un accordo tra i due, non vale ad integrare lo scambio politico mafioso”.
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