Allarme denatalità in Italia, nascono sempre meno bambini

Da un lato le cosiddette "baby-boomers" sono quasi del tutto uscite dalla fase riproduttiva; dall'altro, le generazioni più giovani sono sempre meno consistenti
denatalità in Italia

Siamo sempre di meno: in Italia nel 2021 sono nati solo 400.249 bambini, facendo registrare un calo dell’1,1% sull’anno precedente (-4.643). Lo rende noto l’Istat nel rapporto sulla “Natalità e fecondità della popolazione residente – Anno 2021”. La tendenza è confermata anche per il 2022 e sembra inarrestabile: secondo l’istituto di statistica, dal 2008 le nascite sono diminuite di 176.410 unità (-30,6%).

Secondo i dati provvisori di gennaio-settembre le nascite sono circa 6 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2021. Il numero medio di figli per donna, per il complesso delle residenti, risale lievemente a 1,25 rispetto al 2020 (1,24). Negli anni 2008-2010 era a 1,44. Il calo, spiega l’Istat, è attribuibile per la quasi totalità alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (314.371 nel 2021, quasi 166 mila in meno rispetto al 2008). Si tratta di un fenomeno di rilievo, in parte dovuto agli effetti strutturali indotti dalle significative modificazioni della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni.

Secondo i dati provvisori di gennaio-settembre le nascite sono circa 6 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2021. Il numero medio di figli per donna, per il complesso delle residenti, risale lievemente a 1,25 rispetto al 2020 (1,24). Negli anni 2008-2010 era a 1,44. Il calo, spiega l’Istat, è attribuibile per la quasi totalità alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (314.371 nel 2021, quasi 166 mila in meno rispetto al 2008). Si tratta di un fenomeno di rilievo, in parte dovuto agli effetti strutturali indotti dalle significative modificazioni della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni.

Colpa del “baby-bust”

In questa fascia di popolazione, rileva l’Istat, le donne italiane sono sempre meno numerose: da un lato, le cosiddette baby-boomers (ovvero le donne nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) sono quasi del tutto uscite dalla fase riproduttiva; dall’altro, le generazioni più giovani sono sempre meno consistenti. Queste ultime scontano, infatti, l’effetto del cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976-1995 che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995. A partire dagli anni Duemila, l’apporto dell’immigrazione, con l’ingresso di popolazione giovane – spesso derivante dei ricongiungimenti familiari favoriti dalle massicce regolarizzazioni – ha parzialmente contenuto gli effetti del baby-bust.

Ma l’apporto positivo dell’immigrazione sta lentamente perdendo efficacia man mano che invecchia anche il profilo per età della popolazione straniera residente. Nel complesso, a diminuire sono soprattutto le nascite all’interno del matrimonio, pari a 240.428, quasi 20 mila in meno rispetto al 2020 e 223 mila in meno nel confronto con il 2008 (-48,2%). Ciò è dovuto al forte calo dei matrimoni, che si è protratto fino al 2014 (con 189.765 eventi a fronte dei 246.613 del 2008) per poi proseguire con un andamento altalenante. A ciò va aggiunto che nel 2020 la pandemia ha indotto molte persone a rinviare o a rinunciare alle nozze al punto che il numero dei matrimoni si è pressoché dimezzato (-47,4%).

Per il 2022, secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-settembre, le nascite sono diminuite di 6mila unità rispetto allo stesso periodo del 2021, poco più della metà di quanto osservato nei mesi gennaio-settembre del 2021 nel confronto con gli stressi nove mesi del 2020 allorché i concepimenti si sono significativamente ridotti a causa degli effetti delle ondate pandemiche. Nel 2021 i primi figli ammontano a 186.485, il 46,6% del totale dei nati. La fase di calo della natalità avviatasi nel 2008 ha portato a una progressiva contrazione dei primogeniti che sono il 2,9% in meno sul 2020 (-5.657) e il 34,5% in meno sul 2008.

La “contrazione” dei primi figli

Nello stesso arco temporale i figli di ordine successivo al primo sono diminuiti del 26,8%. La forte contrazione dei primi figli rispetto al 2008 interessa tutte le aree del Paese – ad eccezione della Provincia autonoma di Bolzano che presenta un lieve aumento – ed è superiore a quella riferita a tutti gli ordini di nascita in quasi tutte le regioni italiane del Nord e del Centro. Tale fenomeno testimonia le difficoltà che hanno le coppie, soprattutto le più giovani, nel formare una nuova famiglia con figli; problematica diversa rispetto all’inizio del millennio quando la criticità riguardava soprattutto il passaggio dal primo al secondo figlio.

Al Centro spetta il primato della denatalità complessiva (-34,3%) e dei nati del primo ordine (-38,2%), con l’Umbria che presenta la diminuzione più accentuata (-36,7% nel complesso e -40,5% per il primo ordine). Anche le regioni del Nord registrano diminuzioni significative, con il calo maggiore in Valle d’Aosta (-42,6% nel complesso e -48,4% per il primo ordine). La minore denatalità, che resta comunque di assoluto rilievo, si registra nelle Isole (-28,2% per il totale dei nati e -29,8% sul primo ordine) soprattutto per le nascite della Sicilia (-25,3% sul totale e -27,0% per i primi figli).

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