Altre due misure cautelari sono state emesse nell’ambito dell’inchiesta su un giro di estorsioni messe in atto a Nicotera, nel Vibonese e che si aggiungono a quelle dello scorso 18 luglio, sfociate nell’arresto di Antonio Mancuso, l’anziano boss dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta e del nipote Alfonso Cicerone, 45 anni. Nel corso della notte i Carabinieri della Compagnia di Tropea hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari vergata dal gip distrettuale di Catanzaro Pietro Carè su richiesta della Dda guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri, nei confronti di altre due persone accusate di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Si tratta di Giuseppe Cicerone, 88 anni, cognato di Antonio Mancuso, e di Francesco D’Ambrosio, 39 anni, entrambi di Nicotera. Restano indagati a piede libero: Salvatore Gurzì, 34 anni di Nicotera; Andrea Campisi, 37 anni di Nicotera; Rocco D’Amico, 38 anni di Preitoni.
Le estorsioni tentate e consumate. L’operazione, denominata “Maqlub” che in arabo significa ribaltamento rientra nella stesso filone di inchiesta che ha fatto luce sull’estorsione ai danni dell’imprenditore Carmine Zappia. La sua coraggiosa denuncia aveva permesso agli inquirenti di costruire un solido impianto accusatorio che ha retto al vaglio del gip di Vibo Valentia in sede di convalida tant’è che sia Antonio Mancuso che Alfonso Cicerone sono ancora in carcere. Ai domiciliari finisce adesso Giuseppe Cicerone che – per la Dda – avrebbe concorso all’estorsione aggravata dalle modalità mafiose ai danni dell’imprenditore nicoterese. In particolare l’88enne avrebbe riferito alla vittima che “era stato deciso di pestarlo” e che ciò non avveniva solo per il suo personale parere negativo. Avrebbe dunque agito nell’interesse del boss Antonio Mancuso.
Le estorsioni tentate e consumate. L’operazione, denominata “Maqlub” che in arabo significa ribaltamento rientra nella stesso filone di inchiesta che ha fatto luce sull’estorsione ai danni dell’imprenditore Carmine Zappia. La sua coraggiosa denuncia aveva permesso agli inquirenti di costruire un solido impianto accusatorio che ha retto al vaglio del gip di Vibo Valentia in sede di convalida tant’è che sia Antonio Mancuso che Alfonso Cicerone sono ancora in carcere. Ai domiciliari finisce adesso Giuseppe Cicerone che – per la Dda – avrebbe concorso all’estorsione aggravata dalle modalità mafiose ai danni dell’imprenditore nicoterese. In particolare l’88enne avrebbe riferito alla vittima che “era stato deciso di pestarlo” e che ciò non avveniva solo per il suo personale parere negativo. Avrebbe dunque agito nell’interesse del boss Antonio Mancuso.
Dall’indagine emergono però altre vicende estorsive scoperte dai carabinieri della Compagnia di Tropea e della Stazione di Nicotera. Ricostruita infatti una tentata estorsione ai danni di alcuni ambulanti e, in particolare, nei confronti di un cittadino extracomunitario. Lo scorso 1 giugno Francesco D’Ambrosio, Alfonso Cicerone e Rocco D’Amico (indagato a piede libero) avrebbero cercato di farsi consegnare da ciascun ambulante che frequentava piazza Garibaldi 50 euro ciascuno per l’occupazione e l’utilizzo degli spazi. Rivolgendosi a un commerciante di origini senegalesi dicevano: “Eeeh… chiama il gioielliere pure… venite tutti che qua Alfonso dice che deve raccogliere soldi domani, di caffè e di altre cose… eehh… vedi che ha detto Alfonso che domani dovete lasciare 50 euro ciascuno al bar…! Per questo motivo D’Ambrosio deve rispondere di estorsione aggravata dalle modalità mafiose e nei suoi confronti il gip ha disposto oggi l’applicazione della misura cautelare agli arresti domiciliari. (g. p.)