Amc, tutte le verità dell’ex Au Elio Bruno (prima parte). Domani i “dati tecnici”

di Danilo Colacino – Un uomo, un professionista, un manager pro tempore deluso, che non si nasconde dietro a un dito passando veline in forma anonima, ma ci mette la faccia. Il suo è un J’accuse – puro e semplice, certo – che prende le mosse da quanto gli è successo mentre era al vertice di una delle partecipate di Palazzo De Nobili fra le più ‘calde’: l’Azienda per la Mobilità di Catanzaro (ci occuperemo presto anche delle altre), di cui si discute da anni. Tale parte della narrazione, per così definirla, comunque non entrerà di proposito nel merito della questione, facendolo domani con una serie di dati sulla gestione della stessa società nel recente passato. Di chi stiamo parlando, invece, ve lo diciamo naturalmente subito. Si tratta di Raffaele Elio Bruno, un avvocato che – in ragione dei guadagni maturati ogni anno grazie alla libera professione – da amministratore unico dell’Amc percepiva un emolumento mensile di circa 2mila euro. Tutt’altro che una cifra astronomica nell’ambito di una carica di tale livello, anche se molto appetibile in termini assoluti per tantissima gente, sufficiente a far emergere gli estremi di un’accusa di poltronismo nell’opinione pubblica. Ma al di là del parere di ogni lettore, su cui mai ci azzarderemmo a sindacare, va detto che l’ex Au della municipalizzata si muove con carte alla mano ed esprime grande amarezza per essere stato un’altra delle tante risorse ‘usa e getta’ dell’amministrazione in carica. Basti pensare a cosa ci chiede: “Faccia emergere il disappunto per essermi speso in favore del sindaco Sergio Abramo, impiegando le mie modeste risorse allo scopo di farlo rieleggere, da cui sono stato messo da parte senza una spiegazione”. Ma non è una novità, considerato che è un refrain ricorrente in tante storie del genere da noi raccontate. Questa, tuttavia, è un’altra storia.

Lo sfogo dell’avv. Bruno. Il nocciolo della questione, però, è quanto asserisce Bruno nel prosieguo della chiacchierata: “Voglio che non ci siano infingimenti. Io sono e resto un uomo di centrodestra ma che non si riconosce più nei membri della maggioranza di Abramo. Compreso qualcuno che ho aiutato a sedersi dove sta adesso, dimostratosi dalla memoria corta. Si badi, però, quanto le sto riferendo sulla mia esperienza in Azienda è suffragato dai documenti (come premesso oggetto di un ulteriore approfondimento da parte di calabria7.it, ndr) e prescinde dal risentimento o dallo sconcerto per un siluramento consumato senza spiegazioni e senza rispetto”. E via con il racconto: “Dopo poco più di un anno e mezzo di incarico vengo convocato in una calda sera d’estate, per giunta da un mio subordinato. Si tratta del dg Marco Correggia, subentrato allora da una manciata di mesi a Filippo Pietropaolo, che mi avvisava tramite whatsapp di una riunione indetta per il giorno successivo, ovvero il 2 agosto dell’anno scorso,  nello studio del notaio Rocco Guglielmo mentre però era già stato deciso l’avvicendamento del sottoscritto, consumato a mia insaputa. Una modalità che mi ha lasciato perplesso tanto sotto il profilo tecnico, per l’irritualità della sostituzione, quanto politico. Perché è chiaro che, malgrado le procedure previste dalla legge, io così come chi è arrivato al mio posto, una persona vicinissima a Piero Aiello quale Giorgio Margiotta, abbiamo goduto di un certo gradimento pur se io ho dovuto aspettare per occupare la postazione”.

Lo sfogo dell’avv. Bruno. Il nocciolo della questione, però, è quanto asserisce Bruno nel prosieguo della chiacchierata: “Voglio che non ci siano infingimenti. Io sono e resto un uomo di centrodestra ma che non si riconosce più nei membri della maggioranza di Abramo. Compreso qualcuno che ho aiutato a sedersi dove sta adesso, dimostratosi dalla memoria corta. Si badi, però, quanto le sto riferendo sulla mia esperienza in Azienda è suffragato dai documenti (come premesso oggetto di un ulteriore approfondimento da parte di calabria7.it, ndr) e prescinde dal risentimento o dallo sconcerto per un siluramento consumato senza spiegazioni e senza rispetto”. E via con il racconto: “Dopo poco più di un anno e mezzo di incarico vengo convocato in una calda sera d’estate, per giunta da un mio subordinato. Si tratta del dg Marco Correggia, subentrato allora da una manciata di mesi a Filippo Pietropaolo, che mi avvisava tramite whatsapp di una riunione indetta per il giorno successivo, ovvero il 2 agosto dell’anno scorso,  nello studio del notaio Rocco Guglielmo mentre però era già stato deciso l’avvicendamento del sottoscritto, consumato a mia insaputa. Una modalità che mi ha lasciato perplesso tanto sotto il profilo tecnico, per l’irritualità della sostituzione, quanto politico. Perché è chiaro che, malgrado le procedure previste dalla legge, io così come chi è arrivato al mio posto, una persona vicinissima a Piero Aiello quale Giorgio Margiotta, abbiamo goduto di un certo gradimento pur se io ho dovuto aspettare per occupare la postazione”.

A cosa era dovuta l’attesa di una figura del gruppo Abramo, nel frattempo ovviamente fuoriuscita, per andare al vertice dell’Amc? Le cariche apicali in Amc in una logica spartitoria fra partiti e forze di un determinato schieramento, fatto perfettamente normale come ad esempio lo spoil system nella fase post elettorale, dovevano toccare a Catanzaro da Vivere. Ecco allora che, come nel Gioco dell’Oca, tutto è tornato alla casella di partenza. E lo spiega Bruno of course. “Io ho dovuto fare anticamera – rivela – perché al mio posto c’era Stefania Lo Giudice (ex assessore comunale, cacciata dal sindaco dopo la vicenda Multopoli, ndr). Nel frattempo, però, le considerazioni sull’inchiesta in cui era coinvolta ancora in corso e la mancanza dei titoli necessari per una funzione come quella di amministratore unico di una Partecipata ha cambiato le carte in tavola, di fatto costituendo una sorta di disco verde per il sottoscritto”

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