Diciotto condanne e sette assoluzioni sono stati sentenziati dal gup distrettuale di Catanzaro Gilda Romano per i 25 imputati che hanno scelto il rito abbreviato nell’ambito dell’inchiesta Anteo, scattata il 17 maggio 2021, e che ha portato i carabinieri a notificare 30 misure cautelari e due avvisi di garanzia (LEGGI QUI). Un’inchiesta che punta a far luce su un’ associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, tentata e consumata, con l’aggravante mafiosa, ricettazione, detenzione, porto abusivo di armi, clandestine e da guerra, detenzione di materiali esplodenti e furto. Le pene inflitte dal giudice sono state fortemente ridimensionate rispetto alle richieste formulate dal pm Debora Rizza che aveva invocato, al termine della requisitoria 24 condanne e un’assoluzione. Crollano per tutti l’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico e l’aggravante mafiosa, anche per le figure centrali nell’inchiesta, come Damiano Fabiano, difeso dall’avvocato Renzo Andricciola, Giuseppe Fabiano , difeso dal legale Antonio Lomonaco, Francesco Fabiano, codifeso dai legali Vincenzo Cicino e Fabio Tino e Vito Chiefari, (assistito dai legali Vincenzo Cicino e Giovanni Russomanno) e nei confronti del quale un valido contributo è stato fornito dal consulente di parte che ha trascritto le intercettazioni Antonio Miriello.
Le condanne e le richieste di pena
Le condanne e le richieste di pena
Il gup ha inflitto nei confronti diRaffaele Andreacchio, di Guardavalle, 1 anno, 8 mesi e 1.400 euro di multa (il pm ha chiesto 7 anni, 4 mesi di reclusione e 18mila euro di multa); Vito Chiefari, di Chiaravalle, 5 mesi, 10 giorni e 855 euro di multa, nei confronti del quale è caduta anche l’estorsione aggravata dal metodo mafioso (il pm ha chiesto 10 anni e 18mila euro di multa); Giuseppe Corapi, San Sostene, 7 anni, 4 mesi e 26.500 euro di multa (il pm ha chesto 9 anni e 4 mesi); Daniele Cortese, di Capistrano, 4 anni, 5 mesi, 10 giorni e 17.500 euro di multa (il pm 15 anni); Fortunato Demasi, Simbario, 5 mesi, 10 giorni e 855 euro di multa (il pm 6 anni e 8 mesi); Damiano Fabiano, di Cardinale, 12 anni, 10 mesi e 29.733 euro (il pm 20 anni); Francesco Fabiano, di Chiaravalle Centrale, 4 mesi, 26 giorni e 681 euro di multa (il pm 15 anni); Giuseppe Fabiano, di Chiaravalle, 6 anni, 11 mesi e 10 giorni (il pm 20 anni); Domenico Giorgi, Benestare, 1 anno e 1.032 di multa (il pm 9 anni); Domenico Giorgio, Chiaravalle Centrale, 6 anni, 8 mesi e 23.333 euro di multa (il pm 16 anni); Salvatore Macrì, Chiaravalle Centrale, 3 anni, 4 mesi e 10 giorni di reclusione (il pm 14 anni); il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, Nicotera, 7 mesi, 3 giorni e 740 euro di multa (il pm 3 anni e 6 mesi); Michele Matarese, di Montepaone,1 anno e 8 mesi (il pm 11 anni) ; Gianluca Minnella, Bovalino, 3anni, 8 mesi, 20 giorni e 967 euro di multa (il pm 15 anni); Antonella Procopio, Centrache, 4 anni, 6 mesi, 20 giorni e 18mila euro di multa (il pm 12 anni); Mirko Pironaci, 6 mesi e 20 giorni, (il pm 10 anni); Antonio Puntieri, Olivadi, 2 anni, 2 mesi, 20 giorni e 9mila euro di multa (il pm 10 anni e sei mesi); e Roberto Venuto, Olivadi, 4 mesi e 688 euro di multa (il pm 10 anni di reclusione).
Le assoluzioni
Il gup ha assolto Agostino Graziano Mantello, di Torre Ruggiero, difeso dall’avvocato Giovanni Russomanno (come richiesto dal pubblico ministero), Gregorio Corrado, di Centrache, difeso dal legale Fabio Tino, (il pm in aula aveva invovato la condanna 3 anni e 4 mesi); Anthony Salvatore Catanzariti, Olivadi, difeso dal legale Enzo savaro (il pm ha chiesto 14 anni); Mirco Furchì, di Limbadi, (il pm 6 anni e 9mila euro di multa); Giuseppe Marco Marchese, di Chiaravalle Centrale, difeso dall’avvocato Gregorio Tino (il pm 7 anni e 18mila euro di multa); Bruno Procopio, Ardore, difeso dagli avvocati Eugenio Minniti e Felice Foresta (il pm 4 anni e 18mila euro di multa); Giuseppe Soriano (il pm in aula aveva chiesto 6 anni di reclusione) . Gli avvocati difensori, nel cui collegio tra gli altri compaiono i nomi degli avvocati Domenico Rossi, Francesco Mancuso, Mimmo Calabretta, Luca Cianferoni, Francesco Maida, Vittorio De Giorno, Sabrina Apollinaro, Antonio Carmelo Naso, Giuseppe Salvatore Riitano, Fulvio Vincenzo Attisani, Sergio Rotundo, Maria Antonietta Iorfida, Giovanni Vecchio, Diego Brancia e Daniela Garisto, attenderanno le motivazioni della sentenza per ricorrere in appello. Il gup Matteo Ferrante aveva già rinviato a giudizio il 25 marzo dello scorso anno dodici persone, che avevano scelto di proseguire l’ordinaria udienza preliminare, coinvolte sempre nella stessa inchiesta e per loro è in corso il processo dibattimentale (LEGGI QUI)
Narcotraffico tra Soveratese, le province di Vibo e Reggio
L’ attività investigativa avrebbe consentito di individuare una specifica organizzazione dedita al traffico di sostanza stupefacente: cocaina, hashish, marijuana, metadone ed eroina, anche nella forma del cobret, spacciata nel basso Ionio-Catanzarese, con il suo centro nevralgico nell’entroterra dell’area del Soveratese, in particolare nel comprensorio di Chiaravalle e comuni limitrofi e con proiezioni nelle province di Vibo Valentia e Reggio Calabria. Ma anche dinamite, tritolo, bombe dalla portata micidiale nelle mani dei fratelli Damiano e Giuseppe Fabiano, cedute all’attuale pentito Emanuele Mancuso.
Dai kalashnikov alle bombe: le armi della ‘ndrangheta
E’ stato lo stesso collaboratore di giustizia a riferire il 26 luglio 2018, come il sodalizio criminale avesse la disponibilità di un numero considerevole di armi da guerra: dai 20 ai 30, comprese di munizioni di tipo mitra, kalashnikov e altre in uso alle forze armate. Armi di vecchia generazione, ma funzionanti, giubbotti antiproiettile, fucili a canne mozze, fucili da caccia, bombe. Vere e proprie armi e non artifizi pirotecnici, che dovevano essere date in cambio di droga come contropartita. “Loro mi proposero con un biglietto scritto 10 o 15 armi che io proposi al mio fornitore di cocaina Ascone, che non li volle”. La disponibilità in capo al sodalizio Fabiano di ordigni indicati dal collaboratore, trova conferma in una conversazione del 31 maggio 2018 quando Antonio Corrado, dopo aver intrattenuto una trattativa con Damiano Fabiano che gli chiedeva di acquistare una dinamite, veniva beccato, in seguito ad una perquisizione effettuata dalla Polizia giudiziaria in possesso di una bomba a mano di provenienza militare, di 2,5 chilogrammi di Trinitrotoluene in pani, comunemente conosciuto come tritolo e di tutti gli accessori necessari alla sua accensione, micce a lenta combustione e detonatori compresi (LEGGI QUI)
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