Arcivescovo di Catanzaro: “Città ritrovi ragioni per costruire casa comune”

“La città ritrovi le ragioni per vivere assieme e per costruire la casa comune”. Lo scrive l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone, in un messaggio per la Pasqua indirizzato alla città di Catanzaro. Nel messaggio, pubblicato sul sito “Calabriaecclesia.org”, monsignor Bertolone, che è anche presidente della Conferenza episcopale calabra, anzitutto ringrazia i catanzaresi che hanno partecipato alla tradizionale processione della ‘ Naca’ “manifestando la vostra fede semplice e umile, avete fatto brillare così il vero volto e la vera anima del popolo di Catanzaro”.

L’arcivescovo quindi aggiunge: “Nel tempo, la nostra città si è modificata: da città di ‘governo’ (con annessi benefici) a un serio impoverimento, da quando gli uffici, inclusi quelli della Regione, sono stati trasferiti fuori dal centro. I giovani diminuiscono, sia per la decrescita demografica, per la quale sarebbe utile fare qualcosa a livello comunale, sia per la necessità di cercare altrove un lavoro, una speranza per il futuro. Abbiamo sotto gli occhi i vari aspetti dello spopolamento del centro storico e le condizioni socioeconomiche di chi, comunque. è rimasto a vivere in città; dell’immigrazione, della povertà, ed ultimamente anche di casi di criminalità. Ai problemi sociali – ha sostenuto monsignor Bertolone – si aggiungono quelli non risolti, a volte sfiorati da buone intenzioni espresse in convegni, tavoli di lavoro, interviste, ma rimasti insoluti per anni. Un centro storico deve essere fonte di aggregazione sociale, generatore di cultura. Una città è un progetto, è un cantiere di idee e di passioni civili sempre aperto, che si alimenta di talento, di eventi, di cultura, di idee, di competenza e di fantasia. Di fatti concreti e non di chiacchiere e di polemiche sterili. La città – rimarca il presule – ritrovi le ragioni per vivere assieme, per costruire la casa comune, ritrovi il senso del bene e del male, del giusto e del bene comune. Solo così dimostrerà di essere un punto di riferimento alto per la Regione e non solo”.

L’arcivescovo quindi aggiunge: “Nel tempo, la nostra città si è modificata: da città di ‘governo’ (con annessi benefici) a un serio impoverimento, da quando gli uffici, inclusi quelli della Regione, sono stati trasferiti fuori dal centro. I giovani diminuiscono, sia per la decrescita demografica, per la quale sarebbe utile fare qualcosa a livello comunale, sia per la necessità di cercare altrove un lavoro, una speranza per il futuro. Abbiamo sotto gli occhi i vari aspetti dello spopolamento del centro storico e le condizioni socioeconomiche di chi, comunque. è rimasto a vivere in città; dell’immigrazione, della povertà, ed ultimamente anche di casi di criminalità. Ai problemi sociali – ha sostenuto monsignor Bertolone – si aggiungono quelli non risolti, a volte sfiorati da buone intenzioni espresse in convegni, tavoli di lavoro, interviste, ma rimasti insoluti per anni. Un centro storico deve essere fonte di aggregazione sociale, generatore di cultura. Una città è un progetto, è un cantiere di idee e di passioni civili sempre aperto, che si alimenta di talento, di eventi, di cultura, di idee, di competenza e di fantasia. Di fatti concreti e non di chiacchiere e di polemiche sterili. La città – rimarca il presule – ritrovi le ragioni per vivere assieme, per costruire la casa comune, ritrovi il senso del bene e del male, del giusto e del bene comune. Solo così dimostrerà di essere un punto di riferimento alto per la Regione e non solo”.

Monsignor Bertolone poi osserva: “Quanti timori, quante paure ci attanagliano il cuore. La profezia di Isaia descrive così Gesù di Nazaret: sfigurato nelle sua umanità. Forse anche noi ci siamo commossi davanti al simulacro di quest’uomo dei dolori, che abbiamo portato in processione per le nostre strade. Ma le nostre lacrime e la nostra commozione sarebbero sterili, se non le traducessimo in gesti e pensieri concreti verso tante donne e tanti uomini ‘dei dolori’ che incrociamo nelle nostre strade, nelle nostre case, nelle nostre carceri, nei nostri ospedali. Nella chiesa di San Giuseppe, a Firenze, è esposta un’originale Via Crucis ‘dell’umanità’, in cui i 14 bassorilievi rappresentano altrettante scene di sofferenza umana: dallo sterminio di Inca e Indios, fino alla bomba atomica di Hiroshima e le uccisioni di Gandhi, Martin Luther King e dei due Kennedy. L’intento dell’autore – spiega l’arcivescovo di Catanzaro – è mostrare che i mali dell’uomo rimandano a Cristo e alla sua via crucis; questa non solo li riassume, ma li apre al suo volto di risorto, che costituisce l’ultima stazione e consente d’interpretare tutte le altre con la vittoria di Cristo sul male, sul peccato e sulla morte”. “Seguiamo le orme di Cristo”, conclude monsignor Bertolone. 

redazione Calabria 7

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