Armonie d’Arte, allo Scolacium grande successo per la Tosca

Sullo sfondo le grandiose catturanti pietre di Scolacium, sulla scena il dramma dell’amore per eccellenza che è la Tosca di Giacomo Puccini; dramma altresì sullo spirito di fede, su quello di rivoluzione, sul concetto di colpa, sul rapporto con il potere, sulla relazione Stato – Chiesa. Formidabile sistema valoriale e contrasti che il visionario regista Marco Gandini ha sapientemente sfruttato per ottenere tutta la suggestione dell’allestimento della Tosca, firmata Armonie d’Arte. Le azioni degli uomini, mosse dalle passioni più bieche o dalle più nobili intenzioni, trovano il loro limite nell’inesorabilità di un Fato imperscrutabile, a cui è impossibile sfuggire. Un Fato che talora sovrasta e talora asseconda la volontà e la libertà umana che in scena prende la forma di tre sfere, installate in situ, con evidenti richiami alla cosmologia e alle sue leggi, dinanzi alle quali si svolge il dramma della donna Tosca e degli uomini che diversamente a lei si collegano. Nella lettura di Gandini, Tosca è un’anima bella, candida, macchiata dalla vita e dalle circostanze che la trasformano in un’assassina. In scena, la progressiva “corruzione” dell’anima della protagonista è raffigurata dalla presenza in scena delle danzatrici della Compagnia di danza Filippo Stabile, in nude look, “sporcate” dalla mano dell’uomo, con l’azione dei ballerini di cospargerne il corpo di una sostanza scura. Un’immagine volutamente molto forte, che rappresenta plasticamente il ribaltamento totale dal primo al terzo atto della vicenda, con il precipitare degli eventi che trasforma Tosca da donna quasi angelicata ad assassina e, infine, suicida. Così come le tre raffigurazioni scultoree di Tommaso Fraschini accompagnano la trasfigurazione con una madonna nel primo atto, una donna riversa (abusata) nel secondo, e una donna stilizzata, quasi smaterializzata nel terzo.

Di grande impatto e intensità la processione del coro che veste le talari nere dei preti e che dal fondo della platea entra in scena intonando il Te Deum e nel secondo atto la scena dell’interrogatorio, a mo’ di tortura, di Cavaradossi, catturato dagli uomini del crudele Scarpia, funzionario di Stato corrotto che abusa dei suoi poteri. L’ambientazione dell’interrogatorio è la ricostruzione in basso, un po’ distante dal palcoscenico, di una caserma in pieno stile anni Settanta, con i volti degli anarchici e dei rivoluzionari affissi alle pareti, dove i carabinieri, sotto la supervisione degli uomini di Scarpia, tentano di estorcere a Cavaradossi il luogo del nascondiglio del fuggiasco Angelotti, mentre sulla scena principale Tosca, straziata dalle grida dell’amato lo rivela al suo aguzzino. Un finale magnifico con lo sfolgorare della terza sfera, stagliata a distanza sotto l’abside della chiesa abaziale normanna, a rappresentare un sole che sorge sulla fucilazione di Cavaradossi e il suicidio di Tosca e a significare l’immutabile corso degli eventi naturali anche rispetto alle più tormentate e tragiche vicende degli uomini. Un’intuizione geniale del regista per un’interpretazione e una visuale originali, giocate sul dualismo cielo e terra, di una delle opere più rappresentate e, quindi, più “difficili”.

Di grande impatto e intensità la processione del coro che veste le talari nere dei preti e che dal fondo della platea entra in scena intonando il Te Deum e nel secondo atto la scena dell’interrogatorio, a mo’ di tortura, di Cavaradossi, catturato dagli uomini del crudele Scarpia, funzionario di Stato corrotto che abusa dei suoi poteri. L’ambientazione dell’interrogatorio è la ricostruzione in basso, un po’ distante dal palcoscenico, di una caserma in pieno stile anni Settanta, con i volti degli anarchici e dei rivoluzionari affissi alle pareti, dove i carabinieri, sotto la supervisione degli uomini di Scarpia, tentano di estorcere a Cavaradossi il luogo del nascondiglio del fuggiasco Angelotti, mentre sulla scena principale Tosca, straziata dalle grida dell’amato lo rivela al suo aguzzino. Un finale magnifico con lo sfolgorare della terza sfera, stagliata a distanza sotto l’abside della chiesa abaziale normanna, a rappresentare un sole che sorge sulla fucilazione di Cavaradossi e il suicidio di Tosca e a significare l’immutabile corso degli eventi naturali anche rispetto alle più tormentate e tragiche vicende degli uomini. Un’intuizione geniale del regista per un’interpretazione e una visuale originali, giocate sul dualismo cielo e terra, di una delle opere più rappresentate e, quindi, più “difficili”.

Un piano di luci di straordinaria efficace, del light designer Virginio Levrio, ha reso significante tutta la regia; costumi di totale pertinenza, coerenza, e cura dei particolari di Carlo Poggioli, un cast vocale potente e particolarmente apprezzato Francesco Anile nei panni di Cavarodossi,  il direttore d’orchestra Leonardo Quadrini di attentissima ed energica conduzione,  e l’incanto è  servito: dieci minuti di applausi hanno siglato il successo grande e convinto.

«Dopo l’allestimento di “Pagliacci” – ha commentato Chiara Giordano –  che sarà replicata in altri teatri d’Italia, ci siamo misurati con un’opera immortale, esprimendo la nostra visione e scegliendo una precisa connotazione che guarda a una parte della nostra storia politica e nello stesso tempo si apre ad una più generale riflessione sul rapporto fra la colpa, il destino e le passioni umane. Ed ora tutte le nostre energie sono concentrate sulla straordinaria settimana omaggio a Pina Bausch dal 9 al 15 settembre prossimo, con l’arrivo in esclusiva per il Festival della storica compagnia di danza della Bausch diretta dal più grande coreografo del momento a livello mondiale Dimitri Papaioannu».

redazione Calabria 7

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