di Gabriella Passariello- Ci vuole vedere chiaro il sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Francesco Bordonali sulle cause della morte di Cristina Brandi, 70 anni, di Andali, avvenuta il 15 maggio scorso nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro. Il magistrato ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti, per omicidio colposo e responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario, per stabilire se quella morte poteva essere evitata con una diagnosi tempestiva e cure adeguate. E’ stata la figlia di Cristina a sporgere denuncia in Questura, riferendo che tra la fine del mese di marzo e gli inizi di aprile all’Ufficio per il pagamento del ticket del locale presidio ospedaliero aveva prenotato a sua madre una visita gastroenterologa, una delle tante visite di controllo che era solita fare per via dei suoi problemi di gastrite e a cui aveva smesso di sottoporsi da due anni a causa dell’emergenza Covid.
La gastroscopia e l’inizio del calvario
La gastroscopia e l’inizio del calvario
Una visita a pagamento a cui segue il 14 maggio la gastroscopia. Inizia il calvario per la 70enne: da quell’esame la donna sarebbe uscita su una barella coperta da un lenzuolo e con un maglione pieno di sangue, accompagnata dal gastroenterologo e da altro personale sanitario i quali chiamano i parenti per dare notizie sulle condizioni di salute della signora. Il medico parla di una sospetta lesione, per la quale si rende necessaria la Tac, la figlia vede la mamma sofferente, con il collo ingrossato che grida “mi hanno bucato”. Il referto della Tac riferisce di una lacerazione dell’esofago e i medici ritengono inevitabile un intervento chirurgico, che si sarebbe risolto in un piccolo taglio e due punti di sutura, nulla di allarmante quindi. L’operazione però non viene effettuata, il chirurgo non lo ritiene necessario, quel buco si sarebbe chiuso da solo, sarebbe stato sufficiente che per tre quattro giorni alla paziente non venisse somministrato né cibo e né liquidi.
“Bisognava porre rimedio a danni provocati non da noi”
Da qui il ricovero nel reparto di Chirurgia toracica, una dottoressa tranquillizza la figlia della paziente sul fatto che la madre viene costantemente monitorata, ma “bisognava riparare a danni non provocati da loro”. Arriva il 15 maggio, la figlia porta alcuni effetti personali alla mamma, che in quel momento stava per uscire dal reparto su una sedia a rotella per effettuare un’altra Tac, parla con lei, le riferisce che le faceva male il collo e che durante la notte aveva sofferto molto, aggiungendo inoltre che le era stata somministrata della morfina e messo l’ossigeno. Dopo l’esame, un dottore riferisce che la paziente ha una mediastinite, un’infiammazione del mediastino, la cavità toracica che racchiude il cuore, l’esofago e altri organi e che necessita con urgenza di un intervento chirurgico. La paziente viene subito portata in blocco operatorio e un medico del reparto di Chirurgia toracica rivolgendosi alla figlia della donna le dice che sua madre ha un tumore all’esofago, ragion per cui non avrebbe potuto provvedere alla chiusura del buco, ma potevano solo effettuare alcuni drenaggi per eliminare la mediastinite, nonostante dall’esito della biopsia effettuata solo un mese prima su una massa riscontrata nell’esofago non risultasse alcun cancro, ma solo del pus.
Intubata e sedata
La madre viene intubata e sedata, trasferita nel reparto di Rianimazione in coma farmacologico, sottoposta ad un nuovo intervento: il tumore non c’è e il buco viene chiuso. Le condizioni di salute della donna però precipitano e il suo cuore smette di battere a causa di un collasso che aveva interessato parecchi organi. La Procura ha disposto l’autopsia sul corpo della paziente per capire le cause della morte della 70enne, nominando come consulenti tecnici Matteo Antonio Sacco e Giovanni Gallotta, specialista in medicina legale, mentre le parti offese, rappresentate dall’avvocato Vincenzo Ranieri hanno nominato come consulente Isabella Aquila.