di Gabriella Passariello- Tre condanne confermate, tre riformate e una condanna ribaltata in assoluzione per i sette imputati giudicati con rito abbreviato accusati di aver preso d’assalto il 4 dicembre 2016 il caveau dell’istituto di vigilanza Sicurtransport ubicato nella zona industriale al confine dei comuni tra Catanzaro e San Floro, riuscendo a portare via 8 milioni e mezzo dalla sede della società. La Corte di appello di Catanzaro (presidente Loredana De Franco, al latere Ippolita Luzzo e Giovanna Mastroianni) ha lasciato invariata la sentenza di primo grado per Carmine Fratepietro 12 anni; Matteo Ladogana 12 anni e Alessandro Morra 12 anni (così come richiesto in aula dal pm Paolo Sirleo in veste di pg). Lievi sconti di pena per Dante Mannolo, condannato a 10 anni, 8 mesi e 1.466,66 di multa in luogo dei 14 anni richiesti dal pg; Giovanni Passalacqua, 10 anni, 8 mesi di reclusione e 1.466,66 euro di multa (il pm aveva invocato 14 anni) e Leonardo Passalacqua, 10 anni di reclusione (il pg per lui aveva invocato 12 anni e 8 mesi). Assolto invece Pasquale Pazienza (assistito dall’avvocato Salvatore Staiano e Aldo Casalinuovo) nei cui confronti il sostituto procuratore generale aveva invocato 12 anni di reclusione. Per tutti gli imputati è caduta l’aggravante mafiosa.
Le accuse
Le accuse
Gli imputati rispondono a vario titolo di concorso in rapina aggravata, detenzione, porto illegale di armi anche da guerra, ricettazione, con l’aggravante della mafiosità per aver agevolato la ‘ndrangheta “insistente nel territorio di Catanzaro, Mesoraca, San Leonardo di Cutro, Petilia Policastro e territori limitrofi”. Aggravante caduta alla luce del verdetto dei giudici.
L’inchiesta “Keleos”
Le indagini che hanno portato all’operazione denominata “Keleos”, sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro e condotte dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato insieme alle Squadre mobili di Catanzaro e Foggia. Gli investigatori hanno accertato l’esistenza di uno stretto collegamento tra pugliesi della zona di Cerignola (Foggia), “specializzati” nel settore e basisti calabresi. Questi ultimi, secondo le ipotesi di accusa, si sarebbero occupati di reperire le informazioni dal basista e di procurare le auto ed il mezzo cingolato, oltre che della logistica della permanenza clandestina a Catanzaro del commando composto dai malviventi pugliesi. La rapina sarebbe stata pianificata da molto tempo e la banda armata entrata in azione aveva sfondato la parete di recinzione e il muro blindato del caveau grazie ad una grossa macchina cingolata dotata di martello pneumatico. I rapinatori, imbracciando fucili, si erano avvalsi di strumenti per schermare i luoghi dalle onde radio, facendo irruzione nel deposito tanto da costringere il personale di turno a rifugiarsi in una stanza appartata dell’edificio.
Il collegio difensivo
Sono impegnati tra gli altri gli avvocati Stefano Nimpo, Francesco Catanzaro, Luigi Falcone, Francesco Gambardella, Anselmo Mancuso ed Elisabetta Gualtieri