Si era impiccato in cella nel gennaio 2020 Giuseppe Gregoraci, detto “Pino”: aveva solo 51 anni ed era detenuto nel carcere lombardo di Voghera. Come riporta “Il Dubbio” l’uomo era stato arrestato a luglio del 2019 nell’operazione “Canadian ‘ndrangheta connection”, scattata su impulso della Dda di Reggio Calabria per colpire la ramificazione della ‘ndrangheta calabrese in Canada. L’uomo era accusato di fare parte di una ‘ndrina di Siderno e ritenuto anche responsabile di esercizio abusivo del credito, con l’aggravante di aver agevolato la ‘ndrangheta. Pino era un marito, un padre, un pasticcere ma fu etichettato dai giornali come un boss. Se fosse ancora vivo, se avesse potuto beneficiare dei domiciliari forse oggi sarebbe stato scagionato. Due giorni fa, infatti, il Tribunale di Locri ha assolto dalle accuse di associazione mafiosa i suoi sei co-imputati.
Il calvario di Pino
Il calvario di Pino
Quello di Gregoraci in carcere è stato un calvario a causa dei suoi problemi fisici. A 18 anni perse una gamba e ha indossato fino alla fine una protesi. L’uomo, come spiega il suo avvocato, è entrato in carcere con una patologia depressiva. Il carcere di Reggio è risultato inadeguato ed è stato traferito a Voghera dove però assisterlo è impossibile perché non ci sono le condizioni e la struttura è inadatta. L’uomo cade e subisce un importante trauma cranico. Prova a chiedere i domiciliari portando la relazione di due consulenti che hanno certificato l’assoluta incompatibilità di Gregoraci con il carcere. “Il moncone era ritirato e la protesi ormai inservibile. Solo quattro ospedali in Italia potevano eseguire quelle terapie, figuriamoci se ciò poteva avvenire in carcere. Il rischio era che potesse perdere l’utilizzo anche della restante parte della gamba». L’istanza viene depositata il 18 dicembre del 2019. Il gip chiede subito a Voghera una relazione sanitaria, ma non succede nulla. Il procedimento passa però lo stesso giorno ad un altro giudice, che riceve la relazione, datata il 24 dicembre, soltanto il 3 gennaio. E sulla base di quella, dopo una settimana, l’istanza viene rigettata. Il 20 gennaio 2020 Gregoraci si toglie la vita, impiccandosi nella sua cella.
Aperte due inchieste
E ora sul caso sono aperte due inchieste: una a Pavia, contro ignoti, e uno a Salerno, dove ad essere indagati sono i due giudici che hanno seguito il caso. I pm hanno però chiesto l’archiviazione. “Per il primo giudice ho chiesto io stesso che venisse scagionato», specifica l’avvocato di Gregoraci, che però è convinto delle responsabilità del secondo. E aggiunge un dato: l’uomo non aveva colloqui con gli psicologi, nonostante le richieste del suo legale e malgrado il suo stato depressivo, che sarebbe stato ‘curato’ soltanto con tranquillanti. La famiglia, conclude, ora è disperata. «E oggi, con l’assoluzione verticale di tutti i soggetti con una posizione simile alla sua – conclude – ci possiamo rendere conto della disperazione che lo affliggeva e di quanto la sua depressione sia aumentata in maniera esponenziale in quella cella”.