Autobomba a Limbadi, genitori della vittima accusati di falsa testimonianza

I mandanti sono stati condannati all'ergastolo. Si tratta di Rosaria Mancuso (sorella dei boss Giuseppe, Diego e Francesco) e il genero Vito Barbara

La Corte d’Assise di Catanzaro ha depositato le motivazioni della sentenza per l’autobomba di Limbadi in provincia di Vibo Valentia, costata la vita il 9 aprile 2018 al biologo Matteo Vinci. In 143 pagine, i giudici togati e popolari spiegano il percorso logico-giuridico per arrivare alle condanne all’ergastolo nei confronti di Rosaria Mancuso (sorella dei più noti boss della ‘ndrangheta Giuseppe, Diego e Francesco) e il genero Vito Barbara, ritenuti i mandanti dell’attentato (LEGGI QUI). Ad incastrarli sono state le intercettazioni. Dieci anni la pena per Domenico Di Grillo, accusato di aver provocato delle lesioni gravi a Francesco Vinci (padre di Matteo Vinci e miracolosamente sopravvissuto all’autobomba) nel corso di una lite.

Falsa testimonianza

Falsa testimonianza

I giudici hanno tuttavia trasmesso gli atti alla Procura di Catanzaro per procedere per falsa testimonianza nei confronti dei coniugi Francesco Vinci e Sara Scarpulla (parti civili e genitori di Matteo Vinci). “Il narrato dei coniugi Vinci-Scarpulla risulta ampiamente ed oggettivamente smentito”, scrivono i giudici in sentenza in ordine alla proprietà del terreno conteso con i Di Grillo-Mancuso, alla presenza di una pistola nella lite fra Vinci e Di Grillo, alla consapevolezza da parte della Scarpulla che era stata sua cognata a lasciarle un bastone dinanzi alla sua abitazione e non si trattava quindi di una minaccia dei Mancuso-Di Grillo. Atti in Procura pure per il consulente della difesa Mariano Pizianti.

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