Autobomba a Limbadi, il Riesame “smonta” l’inchiesta sugli esecutori materiali

Non regge al vaglio del Tribunale del Riesame di Catanzaro l'inchiesta denominata "Demetra 2" che lo scorso 20 ottobre
Autobomba Limbadi

di Mimmo Famularo – Non regge al vaglio del Tribunale del Riesame di Catanzaro l’inchiesta denominata “Demetra 2” che lo scorso 20 ottobre ha fatto ulteriore luce sull’autobomba che costò la vita al giovane caporalmaggiore di Limbadi Matteo Vinci. I presunti esecutori materiali dell’attentato, Antonio Criniti, 30 anni e Filippo De Marco, 41 anni, entrambi di Soriano, restano in carcere ma cadono le accuse più pesanti: omicidio pluriaggravato anche dalle modalità mafiose, estorsione e i reati connessi alla violazione della legge sulle armi. Il Tribunale del Riesame presieduto dal giudice Giuseppe Valea ha infatti accolto l’istanza presentata dai difensori dei due indagati, gli avvocati Vincenzo Cicino, Giuseppe Orecchio e Pamela Tassone i quali si sono avvalsi anche del consulente tecnico Antonio Miriello.

Cadono le accuse di omicidio ed estorsione

Cadono le accuse di omicidio ed estorsione

Criniti e De Marco erano finiti in carcere nel blitz messo a segno dai carabinieri di Vibo sotto il coordinamento della Direzione distrettuale di Catanzaro con l’accusa di omicidio tentato e consumato con l’aggravante del metodo mafioso oltre alla detenzione illegittima di un ordigno esplosivo. Secondo le ipotesi degli inquirenti i due indagati, in concorso materiale morale con Vito Barbara e Rosaria Mancuso (ritenuti i mandanti dell’attentato), avrebbero collocato una radio-bomba al di sotto della Ford Fiesta facendola esplodere e cagionando così la morte di Matteo Vinci e il ferimento del padre Francesco. Un omicidio aggravato dalle modalità mafiose ma anche dalla premeditazione, da motivi futili, addirittura abietti. Per saldare un debito di droga avrebbero infatti accettato di fabbricare la bomba poi collocata sotto l’auto dei Vinci. Un’accusa che, unitamente a quella dell’estorsione e della detenzione di armi, è stata annullata dal Tribunale del Riesame. Per conoscere le motivazioni del provvedimento bisognerà attendere 45 giorni ma il ricorso in Cassazione della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro appare scontato.

Operazione “Demetra”

Come emerso già dalla prima inchiesta a pianificare e ad organizzare l’efferato delitto sarebbero stati proprio i Di Grillo-Mancuso nell’ambito di un più ampio e articolato disegno estorsivo finalizzato – secondo gli inquirenti – all’acquisizione di alcuni terreni di proprietà della famiglia Vinci in contrada “Macrea” a Limbadi. Così nel giugno del 2018, a pochi mesi dall’esplosione, scattò l’operazione “Demetra 1” che portò all’arresto di Domenico Di Grillo, 73 anni di Limbadi, la moglie Rosaria Mancuso 65 anni di Limbadi (sorella dei boss Giuseppe, Francesco, Pantaleone e Diego), il genero Vito Barbara 30 anni, le figlie, Lucia e Rosina Di Grillo, rispettivamente 31 e 40 anni. Nei loro confronti la Distrettuale antimafia di Catanzaro contesta, a vario titolo, i reati di omicidio tentato e consumato con l’aggravante del metodo mafioso, la detenzione illegittima dell’ordigno esplosivo e, ancora, minaccia, ricettazione, detenzione abusiva di armi, lesioni personali, estorsione e rapina. I primi quattro sono imputati dinanzi alla Corte d’assise di Catanzaro mentre Rosina Di Grillo è stata condannata, al termine del processo con rito abbreviato, a sei mesi di reclusione con sospensione della pena. Nella seconda tranche dell’inchiesta che i carabinieri hanno convenzionalmente denominato “Demetra 2” sono invece stati identificati quelli che per gli inquirenti sarebbero gli autori materiali dell’attentato, individuati in Antonio Criniti e Filippo De Marco.  Nel giugno del 2018 erano stati arrestati dai carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno in seguito a una perquisizione all’interno di un garage di Soriano dove vennero trovati nascosti in un bidone sei chili di marijuana già essiccata e confezionata in vari pacchi di cellophane. Proprio da quest’attività è iniziato il secondo troncone delle indagini che ha portato alla scoperta di un vasto traffico di droga (cocaina e marijuana) gestito – secondo l’accusa – da Vito Barbara con i due sorianesi principali suoi collaboratori. Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha annullato oggi le accuse più gravi e pesanti confermando nel resto l’ordinanza per cui Criniti e De Marco restano in carcere ma “solo” per il traffico e la cessione di sostanze stupefacenti.

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