di Mimmo Famularo – Mente affaristica del clan per la Dda, semplice avvocato per il gip di Catanzaro che lo ha prosciolto dall’accusa di associazione mafiosa. Qual’è il vero volto di Domenico Grande Aracri, fratello di Nicolino, il super boss della potentissima cosca di Cutro? La Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla Procura antimafia guidata da Nicola Gratteri disponendo un nuovo giudizio da parte del gip (in diversa composizione) per dare una risposta più chiara all’interrogativo. La seconda sezione della Suprema Corte presieduta dal giudice Alfredo Mantovano (relatore Piero Messini D’Agostini) ha disposto l’annullanto con rinvio dell’ordinanza con la quale il gip del Tribunale di Catanzaro disponeva il proscioglimento dell’avvocato Domenico Grande Aracri coinvolto nell’inchiesta Kyterion e ritenuto – secondo l’ipotesi accusatoria – la mente affaristica del clan con particolare riferimento agli investimenti immobiliari della consorteria, anche al Nord, e al controllo dei villaggi turistici.
Il braccio di ferro tra difesa e accusa
Il braccio di ferro tra difesa e accusa
L’11 novembre del 2021 il gip del Tribunale di Catanzaro dichiarava inammissibile la richiesta del pm antimafia Domenico Guarascio che chiedeva la revoca della sentenza di non luogo a procedere emessa dal gup dello stesso Tribunale il 15 gennaio del 2016. Per il giudice l’istanza proposta dall’ufficio di Procura di Catanzaro era priva di elementi di novità dal punto di vista probatorio. In ordine alla partecipazione di Domenico Grande Aracri all’associazione mafiosa denominata “Locale di Cutro”, la Dda di Catanzaro ha puntato a valorizzare le successive dichiarazioni fornite dai collaboratori di giustizia e, in particolare, quelli di Giuseppe Liparoti, Antonio Valerio e Salvatore Muto successivamente al proscioglimento del legale. Dichiarazioni da cui emergerebbe il ruolo apicale svolto dal professionista nelle dinamiche della consorteria criminale. Il sostituto procuratore generale Luigi Cuomo aveva chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato “per motivazione illogica e per violazione e falsa applicazione delle legge penale sostanziale”. Gli avvocati Gregorio Viscomi e Salvatore Staiano, difensori di Domenico Grande Aracri, puntavano all’inammissibilità o al rigetto del ricorso attraverso una memoria corredata da sedici documenti.
Le motivazioni della Cassazione
A giudizio della Cassazione il ricorso proposto dalla Dda di Catanzaro è fondato. In particolare, la Suprema Corte ha osservato che se dopo la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere “sopravvengono o si scoprono nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare il rinvio a giudizio, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, dispone la revoca della sentenza”. Il pm ha poi evidenziato nel suo ricorso una serie di circostanze a supporto della tesi secondo la quale le nuove indagini sono originate dalla necessità di investigare la ultrattività della consorteria cutrese e hanno poi determinato “casualmente” e “spontaneamente” l’acquisizione dei nuovi elementi di prova “riguardanti la partecipazione di Domenico Grande Aracri alla cosca nel periodo precedente, durante il quale – come successivamente accertato – egli si sarebbe reso responsabile” del reato ipotizzato. In conclusione, la Cassazione ha sottolineato il “vuoto argomentativo” nella motivazione del gip sulle risultanze degli atti prodotti optando per l’annullamento dell’ordinanza e per un nuovo giudizio di merito che il Tribunale di Catanzaro dovrà ora dare tenendo conto delle osservazioni messe nero su bianco dalla Suprema corte.