Aziende agricole calabresi sull’orlo del baratro: “Siamo al collasso”

"Aumenta la domanda di cibo italiano, ma l’agricoltura italiana è impossibilitata a offrire le produzioni perché non si può lavorare sempre in perdita"

“Siamo al collasso. Un esempio per tutti che mai si era visto: il prezzo del diesel – denuncia Coldiretti Calabria – ha superato quello della benzina verde. Un sorpasso storico che la dimensione di quanto sta accadendo. Le cause e i sintomi ormai sono chiari adesso occorrono le cure per evitare la riduzione numerica e produttiva delle aziende con la relativa mancanza di ossigeno (liquidità). In Calabria la Coldiretti descrive una situazione allarmante e dove sono cominciate le difficoltà per l’approvvigionamento di alimenti per il bestiame nelle stalle. Ma oltre le famiglie, ci sono ripercussioni a catena e non c’è filiera che non sia stata toccata dall’emergenza che sta deflagrando in tutto il settore agricolo perché molti agricoltori, a causa dell’esplosione dei costi di produzione stanno ritardando o rinunciano ad avviare le produzioni”.

“Lavoriamo in perdita”

“Lavoriamo in perdita”

“Mentre l’agricoltura durante il periodo pandemico, nonostante le restrizione e la perdita di prodotto per le chiusure e riaperture, ha continuato a produrre assicurando il cibo e gli alimenti, con le bombe e i missili, le aziende sono costrette a lavorare in perdita per riuscire a nutrire i propri animali per effetto della carenza di materie prime. La decisione degli allevamenti con le riduzioni della produzione sta – sottolinea la Coldiretti – provocando effetti sulle forniture alimentari. Siamo costretti ad importare materie prime agricole a causa – sottolinea Coldiretti – dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre la produzione di mais e grano negli ultimi 10 anni perché molte industrie per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera che è la linea da sempre auspicata e portata avanti dalla Coldiretti”.

“Aumenta la domanda di cibo italiano, ma siamo impossibilitati a produrre”

“Tutto questo sta mettendo ancora più in difficoltà il sistema Paese che non potrà garantire l’autosufficienza alimentare. Paradossalmente – annota Coldiretti – aumenta la domanda di cibo italiano, ma l’agricoltura italiana è impossibilitata a offrire le produzioni perché non si può produrre rimettendoci. Servono politiche di sostegno per le produzioni esistenti e di sostegno alla sovranità alimentare che consentano, anche di recuperare terreni oggi non coltivati e alle imprese agricole di restare sul mercato. E’ a rischio il futuro di un sistema economico – insiste Coldiretti -se non vengono riconosciuti i giusti compensi che tengano conto dei costi di produzione sempre più alti, dalla bolletta energetica ai mangimi; una crisi che colpisce un sistema che ogni giorno lavora per garantire cibo e occupazione ed è ai primi posti nel mondo per qualità e sostenibilità”.

Spiragli di speranza dal governo nazionale

“Le ultime decisioni del governo nazionale – riferisce Coldiretti – ci vedono particolarmente impegnati e aprono qualche spiraglio con la possibilità attraverso contratti di filiera pluriennali con l’industria alimentare e mangimistica per aumentare la coltivazione di grano e mais e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti nel rispetto della nuova normativa sulle pratiche sleali, per consentire di recuperare livelli produttivi già raggiunti nel passato. Accolta dal Ministro Patuanelli la possibilità di incentivare operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito bancario delle imprese agricole, adottare misure per sostenere la domanda interna, finanziare specifiche misure a favore delle filiere più esposte e appunto sostenere il potenziamento delle produzioni nazionali. Il Ministero ha anche annunciato un regime di aiuto straordinario sul modello dell’emergenza Covid e sostenuta l’esigenza, per quanto riguarda la Politica Agricola Comune (Pac), di rimuovere il vincolo al non incremento della superficie irrigabile, per aumentare la produttività del settore agroalimentare”.

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