È durato quasi cinque ore l’incidente probatorio relativo all’indagine che coinvolge quattro militari della Guardia di Finanza di Crotone indagati dalla Procura della Repubblica di Crotone per omicidio colposo plurimo e naufragio colposo in seguito alla morte di quattro migranti avvenuta il 30 agosto scorso nell’esplosione della imbarcazione al largo delle coste crotonesi. In quell’occasione anche due dei finanzieri, oggi indagati, rimasero feriti. In aula sono comparsi sette migranti (due somali, un egiziano e quattro pakistani), di cui sei minori, che con l’aiuto degli interpreti hanno raccontato quei momenti. Le versioni fornite hanno concordato principalmente su un punto: un rabbocco di benzina nel motore dell’imbarcazione effettuato prima dell’esplosione. I testimoni hanno sottolineato che i finanzieri si sono prodigati per salvare i migranti caduti in mare dopo l’esplosione.
Dal racconto fatto in aula, rispondendo alle domande del pm, Pasquale Festa, è emerso che dopo l’arrivo sulle coste calabresi, a Sellia Marina, la barca a vela, dalla quale erano sbarcati una ventina di migranti oltre agli scafisti, è stata scortata dai mezzi della Guardia di Finanza e della Capitaneria di porto verso Crotone navigando a motore. Dopo quasi due ore di navigazione il motore si è spento all’altezza delle coste di Praialonga, nei pressi di Isola Capo Rizzuto. A quel punto – hanno raccontato i migranti – i due finanzieri che erano a bordo del veliero hanno provato a riaccenderlo e hanno proceduto ad un rabbocco di carburante con l’aiuto di un uomo dello Sri Lanka, poi perito nell’incidente. Dopo un primo tentativo di far ripartire il motore andato a vuoto, si è deciso di trainare l’imbarcazione; durante il rimorchio è stato fatto ripartire il motore, ma qualche minuto dopo c’è stata l’esplosione avvenuta nella parte centrale della barca e non quindi nella zona di poppa dove si trovava il motore. Solo successivamente all’esplosione c’è stato l’incendio, sempre nella parte centrale della barca, e una successiva esplosione. Un dato questo non secondario visto che le difese, rappresentate dagli avvocati Pasquale Carolei, Filly Pollinzi ed Emanuele D’Alessandro, hanno evidenziato al termine dell’udienza che il gasolio non è un carburante che esplode. I testimoni hanno anche riferito della presenza di taniche di carburante a bordo della barca. Alcuni hanno indicato la presenza di una bombola di gas e di un fornello da cucina ma nessuno ha visto usarlo. Il prossimo passo nell’indagine sarà il recupero del relitto dal cui esame si potrebbero avere dei dati tecnici rilevanti sulle cause dell’esplosione.
Dal racconto fatto in aula, rispondendo alle domande del pm, Pasquale Festa, è emerso che dopo l’arrivo sulle coste calabresi, a Sellia Marina, la barca a vela, dalla quale erano sbarcati una ventina di migranti oltre agli scafisti, è stata scortata dai mezzi della Guardia di Finanza e della Capitaneria di porto verso Crotone navigando a motore. Dopo quasi due ore di navigazione il motore si è spento all’altezza delle coste di Praialonga, nei pressi di Isola Capo Rizzuto. A quel punto – hanno raccontato i migranti – i due finanzieri che erano a bordo del veliero hanno provato a riaccenderlo e hanno proceduto ad un rabbocco di carburante con l’aiuto di un uomo dello Sri Lanka, poi perito nell’incidente. Dopo un primo tentativo di far ripartire il motore andato a vuoto, si è deciso di trainare l’imbarcazione; durante il rimorchio è stato fatto ripartire il motore, ma qualche minuto dopo c’è stata l’esplosione avvenuta nella parte centrale della barca e non quindi nella zona di poppa dove si trovava il motore. Solo successivamente all’esplosione c’è stato l’incendio, sempre nella parte centrale della barca, e una successiva esplosione. Un dato questo non secondario visto che le difese, rappresentate dagli avvocati Pasquale Carolei, Filly Pollinzi ed Emanuele D’Alessandro, hanno evidenziato al termine dell’udienza che il gasolio non è un carburante che esplode. I testimoni hanno anche riferito della presenza di taniche di carburante a bordo della barca. Alcuni hanno indicato la presenza di una bombola di gas e di un fornello da cucina ma nessuno ha visto usarlo. Il prossimo passo nell’indagine sarà il recupero del relitto dal cui esame si potrebbero avere dei dati tecnici rilevanti sulle cause dell’esplosione.