di Gabriella Passariello- Padre e figlio si trovano agli arresti domiciliari dal 21 gennaio scorso, giorno in cui gli uomini della Dia nell’ambito dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nome in codice “Basso Profilo” hanno notificato loro un’ordinanza di misura cautelare per associazione a delinquere, voto di scambio politico mafioso, rivelazione, utilizzazione del segreto di ufficio e corruzione in concorso, reati aggravati dalla mafiosità. Ma il 19 febbraio, un mese dopo il blitz che ha portato a 50 misure cautelari tra imprenditori, politici e professionisti, è accaduto un fatto insolito, riportato negli atti allegati all’avviso di conclusione delle indagini.
“Al citofono nessuno risponde”
“Al citofono nessuno risponde”
I carabinieri, durante un servizio di controllo notturno, intorno alle 2.10 hanno citofonato all’abitazione dell’ex consigliere del Comune di Catanzaro Tommaso Brutto e dell’allora assessore del Comune di Simeri Crichi Saverio Brutto, senza ricevere alcuna risposta. I militari hanno continuano a suonare invano per circa venti minuti fino alle 2.23 e il fatto che nessuno rispondesse non era dipeso da un guasto al citofono: “si sentiva suonare dall’esterno”. I carabinieri hanno avvertito la centrale operativa di Catanzaro, riprendendo il normale servizio per lo svolgimento di altri controlli su persone sottoposte a misure di sicurezza, non senza sporgere formale denuncia trasmessa il 20 febbraio sia all’ufficio gip-gup, che alla Dda chiamata ad indagare sull’esistenza del reato di evasione dagli arresti domiciliari.
Gli intermediari di un comitato di affari
Secondo le ipotesi di accusa i Brutto avrebbero favorito e assecondato i progetti di ascesa dell’imprenditore Antonio Gallo, presentandogli appartenenti alle Forze dell’ordine infedeli, disposti a negoziare le informazioni riservate provenienti da ambienti interni all’autorità giudiziaria, cedendo al fascino del potere economico e delle risorse relazionali dell’imprenditore stesso. Avrebbero fatto parte di un comitato di affari, assumendo il ruolo di intermediari tra il maresciallo Ercole D’Alessandro e l’imprenditore: il finanziere si sarebbe prodigato per reperire informazioni sulle inchieste in cui era coinvolto Gallo, rassicurando lo stesso e i Brutto sul fatto che al momento giusto sarebbe intervenuto per affossarle e in cambio delle notizie top secret ricevute l’imprenditore avrebbe fatto entrare il figlio di D’Alessandro e di Brutto nella sua società costituita in Albania. I Brutto, inoltre, avrebbero suggerito all’allora segretario regionale dell’ Udc Franco Talarico di affidarsi a Gallo di cui avevano saggiato l’intraprendenza e di cui conoscevano potenzialità e capacità per il procacciamento di voti utili alla causa del politico, che aspirava a diventare parlamentare (LEGGI QUI).
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