“Da dipendente di un bar di famiglia alla formidabile ascesa come imprenditore di successo, leader nel settore immobiliare con un vasto patrimonio. Per carità, uno può essere intraprendente, ma questa facilità, questa ascesa così dirompente in un periodo storico così circoscritto lascia molto da pensare e costituisce un ulteriore riscontro al fatto che effettivamente, come ci dicono i collaboratori, (che non penso fossero invidiosi della sua vita), guardate che lui era uno che svolgeva attività economiche per conto sia di Franco Trapasso del clan dei Gaglianesi che delle cosche Trapasso di San Leonardo di Cutro”.
Mirarchi fermato nel chiedere il pizzo a Gigliotta
Mirarchi fermato nel chiedere il pizzo a Gigliotta
La Dda di Catanzaro nel corso della requisitoria nell’ambito del processo Basso Profilo che si sta celebrando con rito ordinario, cita i tre collaboratori di giustizia che hanno puntato l’indice contro l’imprenditore catanzarese Umberto Gigliotta: Gennaro Pulice, Santo Mirarchi e Dante Mannolo, univoci nel ritenerlo dedito ai prestiti d’usura e vicino agli ambienti della criminalità organizzata. Mirarchi riferisce che quando andò ad esigere il pizzo a “Solo Affitti”, la società immobiliare di Catanzaro Lido, non sapendo che fosse di Gigliotta, lo incontra e apprendendo a chi era legato, si ferma. Circostanza in qualche modo riferita da Gallo, che sottolinea come la volontà di Mirarchi di pretendere il pizzo al Mops, il ristorante- disco pub, riconducibile a Gigliotta, fosse stata frenata grazie all’intervento dei Trapasso. Di Gigliotta parla anche Dante Mannolo, che chiarisce come Franco Trapasso, non è imparentato con i Trapasso di San Leonardo di Cutro, ma fu proprio lui a presentarlo a questi ultimi con cui si è poi fortemente avvicinato. Il pentito dice anche di più.
Gli eventi conviviali con la cosca Trapasso
Riferisce che Gigliotta veniva invitato dalla famiglia Trapasso in eventi conviviali, le cosiddette mangiate e anche in occasioni di funerali. “E ci dice, guardate che San Leonardo di Cutro è un paese, meglio una frazione, perché il comune è Cutro, è una frazione in cui non c’è niente; quindi non è che uno va a San Leonardo di Cutro, dove vivevano i Trapasso, così, per passare la domenica o a fare una scampagnata, no, quello è un posto dove ci si va per una ragione precisa”. Un afflato, quindi, tra Gigliotta e i Trapasso, consolidato dal fatto che Tommaso Trapasso, figlio di Giovanni, condannati poi in via definitiva per associazione mafiosa nell’operazione Borderland, è compare d’anello, il testimone di nozze di Gigliotta, sebbene l’imprenditore abbia dichiarato che con lui c’erano solo uscite sporadiche, non avevano confidenza e che non voleva invitarlo al matrimonio.
Le chat e gli affari per conto del clan
Affermazioni che non reggono per la Dda, perché l’ha nominato testimone di nozze se non voleva invitarlo al matrimoni? “Era una forma di ossequio, di deferenza nei confronti di Tommaso Trapasso che faceva parte di una famiglia autorevole. C’è anche una chat in cui viene invitato Gigliotta da Trapasso per una grigliata e lui dice no, mi dispiace, ma ho il battesimo dell’altro testimone”. E poi altri messaggi in cui Tommaso Trapasso chiede del denaro a dimostrazione del fatto che Gigliotta gestiva le attività economiche di quella famiglia. “I prestiti di cui parlano i tre collaboratori trovano riscontro nel fatto che noi troviamo cambiali, assegni, non solo nel suo esercizio, nella sua sede, nella sede delle società da lui amministrate, gestite a vario titolo, ma anche a casa”. Al termine della requisitoria il pm della distrettuale Paolo Sirleo ha invocato 24 anni di reclusione nei confronti di Gigliotta, davanti al Tribunale collegiale di Catanzaro che ha tutta l’intenzione di emettere la sentenza entro il prossimo mese di giugno (LEGGI).
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