la requisitoria

Basso Profilo, Gigliotta e le teste di legno. La Dda: “In aula deposizioni fantasiose”

I timori dell'imprenditore dopo l'operazione Borderland e l'intestazione fittizia del Mops al centro della requisitoria della Dda di Catanzaro

Società fittizie o non operative, un sistema di fatture per operazioni inesistenti, facenti capo all’imprenditore di Catanzaro Umberto Gigliotta, alias Mister Centomila, che si avvaleva di una serie di prestanomi, cristallizzati da accertamenti documentali e attività intercettive. Il pubblico ministero della Dda di Catanzaro nel corso della requisitoria, nell’ambito del processo Basso Profilo, che vede alla sbarra 47 imputati, indica come teste di legno al soldo dell’imprenditore, Ieso Marinaro e la moglie Daniela Paonessa.

Fatture per operazioni inesistenti

Fatture per operazioni inesistenti

“Marinaro lo abbiamo sentito in aula, con tutto il rispetto non aveva né arte e né parte, versava in difficoltà economica e ha affermato che Gigliotta lo ha aiutato a riavviare una sua attività”, ma in realtà, secondo il castello accusatorio, moglie e marito sono stati preposti alla gestione di società solo sulla carta, semplicemente per effettuare fatture per operazioni inesistenti. “Sono censite movimentazioni importanti, circa 633 mila euro e a fronte dell’attività di cui Marinaro non ha saputo neanche riferirne esattamente il tenore e il contenuto,  è emerso il suo ruolo, prendeva disposizioni da Gigliotta anche per effettuare versamenti o operazioni finanziarie”. Un dato evidente attraverso l’analisi delle chat acquisite, in cui si fa riferimento al prelievo di somme di denaro e “alle operazioni per le società che in qualche modo erano riconducibili a lui e alla moglie, in particolare la Dapa Graphic e Da.Pa. individuale”.

“La carta di credito per pagare la settimana bianca di Gigliotta”

Anche Paonessa, ascoltata in aula, rispetto all’apertura di queste società “ha mostrato di non averne conoscenza, che di tutto questo non se ne sarebbe occupato Gigliotta, disconoscendo la effettuazione di atti pubblici davanti ai notai”. Dichiarazioni poco credibili “quelle della signora che non aveva le capacità di poter porre in essere quel tipo di operazioni sulle società. E poi ci sono le transazioni riconducibili a Paonessa riguardanti tutta una serie di veicoli, risultati nella disponibilità della famiglia di Gigliotta, un fatto che dimostra come in realtà le società riconducibili ai prestanomi di Gigliotta fossero una sorta di bancomat con le quali fare delle spese personali”. Significativo per la Dda il fatto che con la  carta di credito di Paonessa sia stata pagata la settimana bianca o parte della settimana bianca di Gigliotta o la retta della scuola dell’infanzia della figlia di Gigliotta, con la carta di credito della Da.Pa. “La giustificazione che l’imprenditore ci ha reso in questa sede è quasi incredibile: incontra Marinaro che gli chiede dei soldi contanti, guarda caso corrispondenti a quelli che aveva e che doveva utilizzare per pagare la retta e poi dice però tu paghi con la carta di credito così siamo pari. Giustificazioni fantasiose, che se lette in relazione ad altre società, dimostrano come in realtà lui fosse aduso a fare truffe e non solo alle false fatture”.

L’intestazione fittizia

Ma l’elenco dei prestanomi non finisce qui.  A Liberato Paciullo sono riconducibili una serie di società, in particolare la Lipa, la Metal Service e rispetto a queste sono state accertate, ce le ha confermate anche lui, delle movimentazioni notevoli di denaro, su disposizione del Gigliotta. “Abbiamo gli esiti delle perquisizioni, tutta una serie di blocchetti di assegni, assegni in bianco, documentazione riguardante la Lipa, cambiali, atti che dimostrano chiaramente come Gigliotta fosse il dominus di fatto delle società”. Stesso discorso vale per la Grt, rispetto alla quale emerge l’intestazione fittizia, una società in qualche modo  utilizzata, come hanno riferito gli amministratori giudiziari, come una sorta di bancomat: i soci disponevano di tutta una serie di macchine di grossa cilindrata intestate “alla società che non trovano giustificazione rispetto all’attività di ristorazione che la Grt eserciva attraverso il locale commerciale Mops.

“Il locale venduto da Gigliotta, ma resta cosa sua”

Ma c’è un momento importante in tutta questa vicenda che non può essere trascurato. Nel 2018 Gigliotta aliena la quota del Mops, il suo socio “non aveva le capacità di  intraprendere questo tipo di attività imprenditoriale che ha richiesto investimenti per allestire ex novo un’ attività di ristorante, che poi avrebbe avuto un certo avviamento”, ma Gigliotta per sua ammissione, all’indomani della dismissione della quota “diceva che il Mops era cosa sua, che l’aveva sostanzialmente dismesso perché doveva evitare che risaltasse la sua posizione e non dimentichiamo che sul suo telefono vengono trovati gli atti di Borderland. Nella conversazione del 24 febbraio 2018 lui ci tiene a dire io assolutamente non mi faccio vedere, la gestione ce l’hanno loro, ma in realtà indica il Mops come una cosa sua, però dice devo fare attenzione e sembrare al più come un avventore. Ci sono tutta una serie di successive conversazioni che dimostrano chiaramente come lui desse le disposizioni. Era lui che teneva le fila del discorso”. 

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