la requisitoria

Basso Profilo, gli accessi abusivi del finanziere infedele. La Dda in aula: “Favori agli amici”

Il magistrato antimafia in aula analizza anche la rivelazione del segreto di ufficio contestato a D'Alessandro
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Rivelazione del segreto di ufficio e accesso abusivo al sistema informatico. Durante la lunga requisitoria nell’ambito di Basso Profilo, processo ormai alle battute finali, il pm antimafia Paolo Sirleo passa in rassegna le posizioni del finanziere Ercole D’Alessandro, Odeta Hasaj, Giovanni Mazzei e Antonio Melino e parla dell’inchiesta Keleos della Procura, che ha fatto luce sulla nota rapina alla Sicurtransport del 4 dicembre del 2016, rispetto alla quale  D’Alessandro avrebbe istigato il sovrintendente della Polizia di Stato Santo Mancuso, condannato dal gup per aver rivelato informazioni sullo stato delle indagini. La Dda fa riferimento al coinvolgimento di Giovanni Passalacqua, detto u Gigliotti, incastrato dalla deposizione della sua ex compagna, la collaboratrice di giustizia Anna Maria Cerminara e alle circostanze riguardanti la tempistica delle attività di indagine.

“D’Alessandro non voleva collaborare alle indagini, ma avere informazioni”

“D’Alessandro non voleva collaborare alle indagini, ma avere informazioni”

D’Alessandro si è difeso in aula affermando che intendeva collaborare con gli investigatori, anche se non faceva parte del servizio di polizia giudiziaria che se ne stava occupando, le indagini, infatti, erano state delegate alla Squadra Mobile di Catanzaro, “intendeva collaborare,perché lui aveva avuto delle informazioni. Ora, al di là di quelle che sono le ragioni, non mi risulta che la Guardia di Finanza avesse dato contributi di sorta nell’ambito di Keleos e quello che emerge, su questo ci dobbiamo un attimino soffermare, è che per ragioni esulanti attività istituzionali, D’Alessandro ha chiaramente istigato Mancuso per poter carpire informazioni”.

Gli accessi al sistema informatico per motivi personali

Sono documentati tutta una serie di accessi abusivi al sistema informatico per le più svariate ragioni, ammesse da D’Alessandro e negate da Hasaj Odeta. “Alcuni di questi vengono effettuati per ragioni di interesse privato di Odeta Hasaj e dei suoi familiari: risulta dalle intercettazioni che lei chiedeva di fare degli accertamenti. E poi sono stati fatti ulteriori accessi, uno nell’interesse di un medico di Milano, sempre per ragioni che esulano le attività istituzionali, perché i soggetti che materialmente effettuavano gli accessi erano appartenenti alla sua pattuglia del Goa, che però facevano indagini su stupefacenti, mentre invece le finalità in questo caso erano diverse”. Ufficiali di pg sentiti in aula e che hanno confermato: “li abbiamo fatti, ci dava un nominativo e lo facevamo, era un ordine e lo percepivano come tale, quindi come attività istituzionale”.

I favori tra il finanziere e l’imprenditore

Il pm va avanti nella requisitoria e analizza  il rapporto con gli imprenditori Melino e Mazzei, rispetto ai quali D’Alessandro si è messo a disposizione per fare delle attività accertative, anche attraverso accessi per ricostruire la posizione di un presunto truffatore. “Ebbene, viene fatta un’attività informativa anche abbastanza penetrante, tanto è vero che D’Alessandro si è rapportato con un omologo collaterale Svizzero, ci sono conversazioni con lui, per acquisire informazioni appunto sul truffatore”.  Accertamenti che faceva per consentire ai suoi conoscenti, anzi, amici, “perché i testi hanno evidenziato il forte legame con Mazzei”, mentre in concomitanza in quel periodo storico erano in corso dei lavori edili nell’abitazione della figlia del finanziere, effettuati dallo stesso Mazzei, rispetto ai quali all’epoca non è stata trovata alcuna fattura emessa nei confronti di D’Alessandro. “In questa sede è stato chiarito che si è trattato di due mezze giornate di lavoro di un operaio della ditta Mazzei e che i materiali li avrebbe comprati D’Alessandro. Beh, insomma, comunque c’era un’attività, era stata fatta una ristrutturazione della casa in divisione in due unità immobiliari, non era proprio un’attività di poco conto, ma quel che emerge invece è che vi sia una contestualità tra un’attività certamente non istituzionale di D’Alessandro e l’altra diciamo di rilievo patrimoniale nell’interesse del congiunto”.

Le attività espletate all’insaputa dei superiori

Secondo la ricostruzione difensiva il comune denominatore di queste attività era reprimere il reato che D’Alessandro in quanto finanziere intendeva perseguire. “E invece sono tutte attività espletate all’insaputa della scala gerarchica e guarda caso attività che riguardavano persone a lui vicine, la compagna, il fratello della compagna, l’amico medico di Milano, Melino e Mazzei, tutti amici suoi. E francamente rispetto a questo dato non si può accettare la giustificazione per cui io sono ufficiale di pg e quindi sono legittimato a fare questo tipo di attività, no! Io sono ufficiale di pg, invito i miei amici e conoscenti a fare denuncia, a formalizzare questa attività, cosa che non mi risulta sia stata fatta .Oppure se non vogliono fare denuncia, faccio una relazione di servizio al mio comandante e lo informo. No, non si fa così, francamente non si fa così!”. 

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