Basso Profilo, il pentito Mirarchi svela le mazzette al sindacalista e i giudici amici di Gigliotta

Dal ruolo dell'imprenditore Gallo nei cantieri alla guerra tra gli Arena e i Grande Aracri nelle nuove rivelazioni oggi in aula del collaboratore di giustizia

di Gabriella Passariello- Dopo gli ufficiali di polizia giudiziaria, gli ispettori, i marescialli, i tenenti colonnelli, gli investigatori del Norm della Compagnia di Cirò Marina, di Petilia Policastro, delle Stazioni dei carabinieri di Cutro e Roccabernarda, della Sezione operativa della Dda di Catanzaro, Genova e Bologna, ora è la volta dei pentiti.  Davanti al Tribunale collegiale di Catanzaro, oggi il collaboratore di giustizia Santino Mirarchi ha parlato per ore, rispondendo alle domande del pm della distrettuale Paolo Sirleo nell’ambito del processo Basso Profilo che vede alla sbarra 48 imputati, accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di tipo mafioso, corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, trasferimento fraudolento di valori, rivelazione e utilizzazione del segreto di ufficio, riciclaggio, accesso abusivo al sistema informatico e voto di scambio politico-mafioso. In videoconferenza dalla località protetta, il collaboratore di giustizia con una maglietta grigia e ripreso di spalle ha ribadito di aver voluto cambiare vita nel 2016, decidendo di staccarsi dalla famiglia Arena “avevo ricevuto la seconda dote di ‘ndrangheta ottenuta nel carcere di Siano. Mi ha battezzato Vincenzo Manfredi e in copiata avevo Gino Costanzo e Santino Gigliotti. Sono stato sempre agli ordini di Santino Gigliotti che stava a Sorbo San Basile, ma imparentato con gli Arena”.

La guerra sugli appalti tra gli Arena e i Grande Aracri

La guerra sugli appalti tra gli Arena e i Grande Aracri

Ha parlato della guerra tra gli Arena e i Grande Aracri nel 2005 per la spartizione degli appalti e del successivo accordo, della gestione degli affari su Catanzaro: “Fino al 2014 gestiva Gennaro Mellea per i Grande Aracri, poi io e Nico Gioffrè per gli Arena”. L’esame di Mirarchi entra nel vivo quando parla dell’imprenditore Antonio Gallo, definito il principino, il trait d’union tra diverse cosche di ‘ndrangheta del Crotonese e il mondo imprenditoriale. Gallo sarebbe espressione, secondo le ipotesi di accusa delle ‘ndrine Trapasso e Bagnato, sotto l’ala protettrice della cosca Ferrazzo di Mesoraca e di altre organizzazione criminali riunite nel nome della locale di ‘ndrangheta di Cirò, uno dei principali imputati nel’inchiesta della Dda che punta a far luce sui presunti intrecci tra criminalità organizzata, imprenditoria e politica: “Di lui ne sentii parlare in una riunione intorno al 2006 in Sila, Gallo era presente con Franco Gentile e Santo Gigliotti. Mi fu detto che a lui spettavano i materiali antinfortunistici negli appalti edili”.

Gallo e l’operaio arruolato nel sindacato per le mazzette

Gallo avrebbe avuto un amico sindacalista “e noi volevamo che gli operai delle ditte edili si iscrivessero proprio a quel sindacato (facendone il nome ndr) così potevamo parlare con le ditte con cui era più difficile parlare. Gli imprenditori potevano pagare anche in nero. Imponevamo anche calcestruzzo e gli operai a cottimo. A Pasqua, Ferragosto e Natale dava una percentuale, qualche soldo, pure agli zingari per non far dare fastidio ai cantieri”. Gallo, secondo le dichiarazioni di Mirarchi arruolò un operaio sindacalista, con il compito di stare nei cantieri, gestire i suoi colleghi: “dava il lavoro, ma si prendeva una percentuale che poi lui girava a Gallo e poi a noi”.

“Le amicizie di Gigliotta con giudici e avvocati”

Le domande della Dda si focalizzano sui suoi rapporti con Umberto Gigliotta, che avrebbe fatto ingresso nella sfera criminale catanzarese grazie alla conoscenza di Francesco Trapasso, detto Franco “u rabbinu” e Salvatore Espedito Mazza, inteso “Stellina”, entrambi considerati organici al clan dei Gaglianesi di Catanzaro, un’articolazione delle ‘ndrine Trapasso di San Leonardo di Cutro e degli Arena di Isola Capo Rizzuto. Secondo il dichiarato del collaboratore di giustizia, Gigliotta avrebbe gestito i soldi dei Trapasso, “spesso si facevano incontri ad un bar di Caraffa. Ha aperto il negozio a Lido. Quando sono andato ho trovato Nico Rotaliscia poi ucciso alla benzina, era il custode dei capannoni di un noto imprenditore della Grande Distribuzione. Umberto Gigliotta mi disse che voleva comprare più case per poi fittarle agli universitari. Aveva amicizie per le aste giudiziarie, giudici e avvocati gli davano dritte. Una ditta di Roma aveva preso appalti per le pale eoliche a Girifalco e si era rivolto a Gigliotta per affittare un capannone a Germaneto. Lui stesso mi raccontava delle attività che faceva per i Trapasso, mi aggiornava anche per evitare di subire danneggiamenti”. L’udienza è stata aggiornata al 7 ottobre, giorno in cui verrà sentito il collaboratore di giustizia Domenico Iaquinta condannato dal gup con rito abbreviato nell’ambito della stessa inchiesta a dieci mesi di reclusione.

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