di Gabriella Passariello- Resta in carcere Alessandro D’Ercole, il finanziere, all’epoca dei fatti in servizio al Goa di Catanzaro, così come rimane agli arresti domiciliari l’imprenditrice Glenda Giglio, entrambi imputati nell’inchiesta Basso Profilo, con cui la Dda ha svelato le trame più nascoste tra ‘ndrangheta, politica e imprenditoria. La Corte di Cassazione ha bocciato i ricorsi degli avvocati difensori, confermando quanto disposto dal Tribunale del Riesame di Catanzaro e dal gip che ha emesso, su richiesta dei sostituti procuratori Paolo Sirleo e Veronica Calcagno, le misure cautelari. A nulla sono valse le tesi difensive dei legali di D’Alessandro, che risponde di associazione a delinquere finalizzata all’abuso di ufficio, corruzione, turbative d’asta aggravata dalla mafiosità, riciclaggio, reimpiego e autoriciclaccio, emissioni di fatture per operazioni inesistenti, rivelazione del segreto di ufficio, accesso abusivo al sistema informatico. Per il Supremo collegio non corrisponde al vero il fatto che sia stato sottovalutato o trascurato il materiale indiziario, l’attività di intercettazione, che poneva l’attenzione sulle conversazioni dalle quali si sarebbe compresa la volontà del finanziere di perseguire la criminalità, di non cedere a logiche mafiose e la sua inconsapevolezza alla vicinanza dell’imprenditore Antonio Gallo ad ambienti della criminalità organizzata.
“Le conversazioni disarmanti del finanziere”
“Le conversazioni disarmanti del finanziere”
Al contrario le conversazioni “sono disarmanti quanto ai contenuti e rivelano il pieno coinvolgimento del finanziere” negli affari di Gallo: “man mano che cresceva il rapporto confidenziale tra i due, creatosi in seguito al contatto con Tommaso Brutto e il figlio Saverio”, vi era una vera e propria messa a disposizione del finanziere “ai disegni mafiosi di Gallo”, di cui D’Alessandro sarebbe stato perfettamente consapevole. Il “movente dell’agire di D’Alessandro”, per la Cassazione è ricostruito dalle intercettazioni, che svelano lo scambio corruttivo con Gallo, funzionale all’inserimento del figlio del finanziere nell’affare in Albania, affare i cui proventi avrebbero indirettamente apportato benefici alle cosche vicine all’imprenditore. “L’attivismo in favore di Gallo, realizzatosi attraverso le rivelazioni di indagini a suo carico per l’ipotesi di riciclaggio di danaro a vantaggio della cosca Trapasso, la promessa di aiuto su queste indagini, il consiglio dato a Gallo di non usare i telefoni, vista la sua posizione ormai chiara di indagato, il pieno coinvolgimento nell’affare albanese e le prospettive di intervento per gli appalti in Albania riflettono un quadro desolante della pubblica funzione vissuta dal finanziere”.
“Giglio consapevole della caratura criminale di Gallo”
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso proposto nei confronti di Glenda Giglio, in parte infondato, in parte inammissibile. L’imprenditrice, che risponde di concorso esterno in associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe, evasione fiscale, emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, reati aggravati dalla mafiosità, era responsabile, all’epoca dei fatti, degli acquisti e direttore tecnico dell’aeroporto di Lamezia, nonché dipendente di un istituto di vigilanza. Per la Suprema corte, a differenza di quanto argomentato dalla difesa, non può essere escluso né il concorso esterno nell’associazione, né tanto meno l’aggravante della mafiosità. Anzi. “Ci sono dati inconfutabili da cui si evince che la Giglio era a conoscenza della caratura criminale di Gallo”. Si sarebbe attivata a favore dell’associazione a delinquere diretta dall’imprenditore in almeno due occasioni: per assicurare la “bonifica” degli uffici dell’impresa di Gallo sottoposta ad indagine da parte della Finanza, fornendo la strumentazione tecnica necessaria per individuare cimici e microspie e per favorire la creazione delle compagini societarie attraverso cui l’organizzazione criminale realizzava i propri fini illeciti.
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