Il gup del Tribunale di Catanzaro Simona Manna, nell’ambito del procedimento denominato Basso Profilo, ha ammesso le costituzioni di parte civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, del Comune di Catanzaro, dell’Agenzia delle Entrate. Gli avvocati Salvatore Staiano, Vincenzo Galeota, Francesco Iacopino, Pietro Mancuso, Vincenzo Cicino, Valerio Murgano, Fabrizio Costarella, Enzo De Caro e Armodio Migali hanno preliminarmente depositato atti del processo che si sta celebrando a Perugia nei confronti di Luca Palamara, nonché esiti di attività investigativa svolta dalle Procure di Napoli e Firenze a seguito della denuncia presentata dall’onorevole Cosimo Ferri, con la quale si è chiesto di indagare su una possibile illegalità e inutilizzabilità delle intercettazioni eseguite mediante l’uso del captatore informatico utilizzato dalla società RCS.
Una serie di dati inquietanti
Una serie di dati inquietanti
In particolare, i predetti legali hanno evidenziato che dal compendio documentale esaminato dal collegio difensivo, offerto in produzione al Tribunale, sarebbero emersi una serie di dati inquietanti, rilevanti anche nel processo che si sta celebrando a Lamezia. In particolare, sarebbe emerso che fino ad aprile 2019 e, quindi, nell’intera forbice temporale di svolgimento delle indagini tecniche svolte nell’operazione Basso Profilo, l’architettura utilizzata dalla società RCS utilizzava tre server denominati CSS, HDM e IVS. I primi due, destinati alla registrazione, elaborazione e trasmissione (al server IVS) dei dati provenienti dai dispositivi “infettati” con il virus trojan, non solo non risulterebbero collocati presso le singole Procure richiedenti, ma avrebbero operato per tutte le Procure d’Italia dalla Sede di Napoli.
Ed è qui che la questione si complica. Perché detti server non erano collocati nella Procura napoletana, bensì nella sede secondaria di RCS. Con la conseguenza che si trovavano sotto il controllo e la gestione di una società provata, RCS appunto, in luogo privato e senza il controllo della Procura di Napoli (e delle Procure italiane), all’oscuro di tutto. Tant’è vero che la Procura di Napoli e quella di Firenze stanno indagando per accesso abusivo a sistema informatico, frode nelle pubbliche forniture, falso per induzione e falsa testimonianza nei confronti di chi ha cercato di nascondere le numerose e gravi violazioni consumate. Il Tribunale ha ritenuto ammissibile, pertinente e rilevante la documentazione, rinviando unitamente al merito la decisione sulla inutilizzabilità. I pm hanno inoltre ribadito in aula la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 78 imputati (LEGGI QUI).
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