Beni confiscati alla mafia, Libera: “In Calabria il 63% dei comuni non è trasparente”

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Su 139 comuni calabresi monitorati, come destinatari di beni immobili confiscati, 88 non pubblicano elenco e informazioni sul loro sito internet. Ciò significa che il 63% dei comuni è inadempiente. È quanto emerge da “RimanDATI”, il primo report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali realizzato da Libera in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino.

Dei comuni calabresi “rimandati” sul livello di trasparenza della ‘filiera” della confisca dei beni mafiosi, la maggior parte comunica in maniera parziale e non pienamente rispondente alle indicazioni normative. Il report si sofferma sul caso del comune di Reggio Calabria che supera la sufficienza. L’Ente, infatti, si è dotato di un portale dedicato specificamente ai beni comuni e confiscati, dove è presente l’elenco – navigabile anche attraverso alcuni filtri – di tutti gli immobili confiscati e trasferiti al patrimonio comunale. Non è però possibile in alcun modo scaricarlo e dunque è da intendersi in formato chiuso. Nella tabella generale sono presenti molte informazioni di dettaglio su dati catastali, ubicazione, tipologia, decreti di destinazione, oltre ad alcune notizie sulla destinazione e la consegna.

Dei comuni calabresi “rimandati” sul livello di trasparenza della ‘filiera” della confisca dei beni mafiosi, la maggior parte comunica in maniera parziale e non pienamente rispondente alle indicazioni normative. Il report si sofferma sul caso del comune di Reggio Calabria che supera la sufficienza. L’Ente, infatti, si è dotato di un portale dedicato specificamente ai beni comuni e confiscati, dove è presente l’elenco – navigabile anche attraverso alcuni filtri – di tutti gli immobili confiscati e trasferiti al patrimonio comunale. Non è però possibile in alcun modo scaricarlo e dunque è da intendersi in formato chiuso. Nella tabella generale sono presenti molte informazioni di dettaglio su dati catastali, ubicazione, tipologia, decreti di destinazione, oltre ad alcune notizie sulla destinazione e la consegna.

La situazione a livello nazionale

I Comuni del Nord che non pubblicano dati sono 213, quelli del Centro 65. A livello regionale tra le regioni più “virtuose”, che raggiungono o superano la metà dei Comuni che pubblicano elenco, figurano la Basilicata con il 67% dei Comuni, le Marche con il 60%, l’Emilia Romagna e la Liguria con il 50% e il Lazio con il 49%. Tra le regioni meno trasparenti l’Umbria, dove solo il 14% dei comuni pubblicano elenco, il Trentino Alto Adige  (25%), l’Abruzzo (26%), la Sardegna (27%), la Toscana e il Veneto (31%), la Lombardia (32%) e la Campania (34%).

“Sono proprio i Comuni – premette Libera – ad avere la più diffusa responsabilità di promuovere il riutilizzo dei patrimoni. Eppure, proprio a livello comunale le potenzialità della ‘filiera della confisca’ sono tuttora dense di ostacoli, criticità ed esitazioni”. La ricerca analizza nello specifico le modalità di pubblicazione degli elenchi anche su scala regionale. Sui 406 Comuni che hanno pubblicato elenco è stato definito un ranking  nazionale: su una scala da 0 a 100 la media è pari a 49.11 punti. La fotografia regionale restituisce un quadro generale “di grande criticità”. Undici le regioni al di sotto della media regionale: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia, Umbria, Sardegna, Molise, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta.

Nel focus su alcuni capoluoghi di regione, ottime le performance di Milano  (90.43), Genova (80.87), Roma (80.87) e Napoli (76.52), oltre la sufficienza Reggio Calabria (65.22) e Palermo  (61.72). Solo Bologna (42.61) e Firenze (46.96) non riescono a superare la media di 49.11 del ranking.

“C’è ancora tanto lavoro da fare”

“Quando parliamo di trasparenza delle informazioni sui beni confiscati da parte degli enti locali – conclude Libera – dobbiamo necessariamente prendere atto di come ci sia ancora tanto lavoro da fare per raggiungere un quadro almeno di sufficienza e avere a disposizione dati soddisfacenti, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Ecco perché abbiamo detto ‘rimanDATI’.”

“L’esito di questo ‘esame’ cui abbiamo sottoposto i Comuni ci impone di fare come per gli studenti e le studentesse che non riescono a superare a pieni voti l’anno scolastico e che, per questo, vengono rimandati a settembre. Il nostro esame di riparazione dovrà avere i tempi e i modi di un’azione civica che induca i Comuni a conformarsi pienamente a quanto impone loro la legge”.

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