Bimbo di nove anni pestato nel cortile di una scuola del Reggino, preside a processo

Il Tribunale dei Minori ha condannato uno dei bulli protagonisti della violenta aggressione, ora anche il dirigente scolastico sarà processato

C’è voluta una battaglia lunga sei anni, ma ora, dopo la condanna di uno dei bulli, anche la scuola, nella figura del primo responsabile, il preside, sarà chiamata a rispondere dei gravi e comprovati atti di bullismo ai danni di un bambino residente nel Reggino, che all’epoca dei fatti, il 27 gennaio 2016, aveva solo 9 anni. Il pm della Procura di Reggio Calabria, Vittorio Fava, al termine delle indagini preliminari del procedimento penale (parallelo a quello incardinato presso la Procura dei Minori) a carico all’allora dirigente scolastico dell’istituto comprensivo frequentato dal bambino, ne ha disposto la citazione diretta a giudizio innanzi al giudice monocratico del Tribunale di Reggio Calabria.

Il preside a processo

Il preside a processo

A. N., 70 anni, di Bagaladi, oggi in pensione, è accusato del reato di lesioni personali “perché, nella sua qualità di preside dell’istituto scolastico, per colpa consistita nel non impedire l’evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire, poiché non approntava la dovuta vigilanza sugli alunni all’uscita di scuola, non impediva che (omissis) aggredissero (omissis) mentre questi, all’uscita da scuola, si trovava all’interno del cortile in attesa dello scuolabus” si legge nell’atto del magistrato.

L’aggressione al bimbo

Una vile, violenta aggressione di cui si sono macchiati quattro ragazzi, tra cui una ragazzina, d’età compresa tra i 10 e 14 anni: in due trattenevano la loro vittima, il terzo, il più grande, con uno di quelli che lo tenevano fermo, “lo colpivano a calci e pugni rispettivamente alla schiena e alla gamba sinistra, con la cooperazione della ragazzina che lo minacciava, cagionandogli lesioni personali refertate dal Pronto Soccorso quali trauma contusivo alla gamba sinistra e alla colonna dorsale, giudicate guaribili in complessivi 25 giorni” prosegue il decreto del pm. Il preside dovrà comparire in aula l’8 marzo 2022, avanti il giudice Margherita Berardi, per la prima udienza di un processo da cui l’oggi 15enne bullizzato, mamma Francesca e Studio3A, che li assiste, si aspettano finalmente piena giustizia.

L’istituto si era rifiutato di intervenire sui soprusi

Che il grave episodio, solo l’ultimo di una lunga serie di soprusi di cui la vittima era stata oggetto da parte di alcuni compagni di scuola, sia avvenuto, e nelle circostanze descritte dal magistrato, non vi è più dubbio, è un’amara realtà acclarata anche giudizialmente, nonostante l’istituto si sia sempre rifiutato prima di intervenire per fermare quelle angherie, di fronte alle ripetute lamentele della mamma, con la conseguenza che i bulli si sono presto sentiti autorizzati ad arrivare alle mani, poi persino di ammettere che non fossero mai successi atti di bullismo, negando anche l’evidenza dei riscontri medici: la Scuola aveva addirittura rifiutato il nulla osta chiesto dalla madre per trasferire il figlioletto che, dopo essere stato picchiato, in quella scuola non ci è voluto più tornare e che, oltre alle ferite fisiche, ha subìto un profondo shock e avuto bisogno a lungo a di supporto psicologico per superare un trauma di cui porta ancora i segni.

La perizia dell’Asp di Reggio Calabria

E’ servita l’attestazione del Consultorio familiare dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria che il bambino “soffriva di sindrome ansiosa a seguito di vari episodi di bullismo subiti in classe” e che si riteneva “necessario il trasferimento presso altro plesso scolastico per evitare di sottoporlo ad un costante stress, con conseguente peggioramento della patologia”, perché la scuola cedesse e si è potuto iscriverlo in altro istituto, dove per lui è iniziata un’altra vita, anche se con tante cicatrici interiori. Ma la mamma non si è data per vinta: tramite i consulenti legali Salvatore Agosta e Giuseppe Cilidonio si è affidata a Studio 3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, per salvaguardare il figlio e ottenere giustizia, non solo nei confronti dei violenti che l’avevano terrorizzato e malmenato, ma anche verso i loro genitori e chi aveva permesso tutto ciò omettendo di vigilare sulla sicurezza di un alunno sotto la sua responsabilità: l’istituto scolastico appunto.

Genitori denunciano lassismo e omertà

Attraverso Studio 3A, la donna ha presentato querela presso la locale stazione dei carabinieri con successiva apertura dei già ricordati due procedimenti penali, e nei mesi seguenti ha continuato a denunciare in note trasmissioni tv il suo caso, il lassismo della scuola, l’omertà di genitori, docenti e operatori scolastici, e l’isolamento e le intimidazioni cui è stata sottoposta per essersi “permessa” di “rompere” quel muro. E la giustizia ha fatto il suo corso. La Procura del Tribunale dei Minorenni reggino, a conclusione delle indagini preliminari, nel 2019 ha ottenuto il rinvio a giudizio di A. Y., oggi ventenne, contestandogli di avere, in concorso con altri tre compagni di scuola, “con più azioni del medesimo disegno criminoso”, fino al mese di gennaio 2016 “minacciato” la vittima, “dicendogli che l’avrebbero picchiato all’uscita da scuola”, di “averlo percosso colpendolo con calci e pugni” e nell’episodio più grave del 27 gennaio 2016 “di avergli cagionato lesioni personali giudicate guaribili in 25 giorni”, sempre “con l’aggravante di aver agito in più persone e ai danni di un soggetto minore e all’interno e nelle adiacenze di una scuola”.

“Finalmente la verità è venuta a galla”

Per gli altri tre ragazzini finiti sotto indagine è stata emessa sentenza di non luogo a procedere, ma solo in quanto minori di 14 anni all’epoca dei fatti contestati. A. Y. invece di anni ne aveva quasi 15 e il 21 gennaio 2021 il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, presieduto dal giudice Mirella Schillaci, gli ha infine inflitto una condanna esemplare per i reati di lesioni e percosse, un anno e sei mesi di reclusione. Una pena sospesa ma significativa, che i giudici hanno motivato “ritenuta la continuazione e la prevalenza delle aggravanti contestate sulla diminuente della minore età”, dando pieno credito alle tesi accusatorie del pm Minorile Angelo Gaglioti, e alla battaglia portata avanti in tutti questi anni dalla mamma del bambino e da Studio3A. “Finalmente la verità è venuta a galla: hanno creduto a me e mio figlio. Ora mi aspetto altrettanto anche nei confronti della Scuola” aveva commentato all’epoca Francesca. E infatti la sentenza pronunciata dal Tribunale dei Minorenni ha di fatto sbloccato anche il collegato procedimento penale in capo al preside, arrivato ora al dunque. Non a caso l’istituto, dopo innumerevoli e vane richieste in mal senso, nei giorni scorsi ha finalmente fornito a Studio3A le coperture assicurative della scuola per poter finalmente (anche) risarcire il bambino e la mamma di tutti i danni subiti.

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