‘Ndrangheta al nord Italia sotto i riflettori con 100 arresti dalla Lombaridia alla Toscana fino alla Calabria. La cosca Molè si presentava come una delle due “famiglie” di Gioia Tauro, desiderosa di rialzarsi dopo la guerra con gli alleati e parenti storici Piromalli. Nelle intercettazioni Rocco Molè diceva a uno dei due chimici sudamericani ingaggiati per il trattamento della droga: “Siamo una delle famiglie, una di queste due è la mia che avrà modo di rialzarsi, di riprendersi, tutto il tempo ma io mi rialzo”. Lo ha rivelato il capo della Procura DDA di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, nel corso della conferenza stampa tenuta in Questura a Reggio Calabria per illustrare i dettagli sull’operazione “Nuova Narcos Europea”. Bombardieri in particolare ha ringraziato gli investigatori della Squadra Mobile reggina, col nuovo dirigente Alfonso Iadevaia, e in particolare il suo predecessore, Francesco Rattà, nuovo capo della Squadra Mobile di Roma, che ha condotto le indagini sfociate oggi nell’esecuzione delle misure cautelari. Oltre al traffico internazionale di droga, la cosca Molè aveva preso possesso del mercato ittico di Gioia Tauro. “Vi sono riscontri – ha spiegato Bombardieri – sull’imposizione della cosca sia per il conferimento del pescato alle due aziende sequestrate nonché per l’acquisto del pescato. In maniera violenta, non era lasciato spazio ad altre aziende. Estorsioni finalizzate al reperimento di soldi anche per il mantenimento delle famiglie dei detenuti e dei detenuti stessi”.
A Milano poliziotti scacciati dai calabresi
“Questo è territorio dei calabresi!”. Così esponenti della ‘ndrangheta, a Milano, scacciarono in malo modo alcuni poliziotti in borghese pensando che fossero dei concorrenti. L’episodio è stato rivelato dal capo della Procura Dda di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri. “Alcuni indagati – ha raccontato Bombardieri – a Milano vedono una macchina avvicinarsi, non sanno che sono poliziotti, pensano che sono concorrenti e li cacciano in malo modo: ‘Questo è territorio dei calabresi!’ gli hanno detto”.
Panetti droga marchiati con simboli massonici
Fiumi di droga sono stati sequestrati dagli inquirenti durante le indagini che hanno portato a 36 arresti disposti dalla Dda di Reggio Calabria nell’ambito di un’operazione coordinata con quelle di Milano e Firenze. Dalle indagini emerge un particolare: l’organizzazione gestita dai Molè di Gioia Tauro contrassegnava i panetti di cocaina con diversi simboli, in qualche caso anche quelli della massoneria: squadra, compasso e occhio massonico racchiusi in un cerchio. Gli inquirenti, tuttavia, non attribuiscono alla circostanza un significato particolare: sarebbe stato un modo come un altro per identificare la “merce”. Il 19 settembre 2019, all’interno dell’area di servizio “Agip Tremestieri”, fu arrestato un suomo trovato in possesso di 3 panetti di cocaina del peso complessivo di 3,289 dhili marchiati con simboli massonici. Il 20 settembre 2019, nei pressi dello svincolo autostradale di Cosenza Nord, fu preso un uomo trovato in possesso di 10 panetti di cocaina del peso complessivo di 10,5478 chili, 5 dei quali erano marchiati con squadra, compasso e occhio massonico racchiusi in un cerchio. Lo stesso marchio su una partita di droga fu trovato il 29 settembre 2019, nel Comune di Castelfranco Emilia in provincia di Modena, quando fu tratto in arresto un uomo trovato in possesso di 15 panetti di cocaina dal peso complessivo di 16,150 chili. Due di essi avevano raffigurati i simboli massonici. L’11 novembre 2019, a Villa S. Giovanni in provincia di Reggio Calabria, nei pressi dell’area d’imbarco, un uomo fu arrestato perché trovato in possesso di 4 panetti di cocaina del peso complessivo di 4.295 chili. Tre panetti erano marchiati, questa volta, con il logo “alfa-omega”.
Le intercettazioni: “In Calabria saresti sciolto in acido”
I portuali livornesi temevano fortemente la ‘ndrangheta. In un’intercettazione uno dei portuali riferisce il contenuto di una minaccia ricevuta: “Se fossimo stati in Calabria ti avremmo sciolto nell’acido”. Lo ha rivelato il capo della Procura Dda di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, nel corso della conferenza stampa tenuta in Questura a Reggio Calabria. Il nome dell’operazione “Nuova Narcos Europea”, ha anche detto il procuratore capo, non è stato scelto, come di solito accade, dagli organi investigativi, che questa volta si sono limitati a dare all’operazione il nome col quale nelle intercettazioni gli stessi operatori portuali livornesi si riferivano tra loro alla cosca Molè. “Loro stessi – ha affermato Bombardieri – si riferivano alla ‘Nuova Narcos Europea’. Questo è il coefficiente dell’espressione ‘ndranghetista”.
Le intercettazioni: “Vengo e vi sparo”
“Guarda che adesso vengo lì e sparo prima a quel coglione di fianco a te, poi a te perché non ho niente da perdere!”. Anche così si rivolgevano Antonio Salerni e Attilio Salerni, indagati nella tranche lombarda dell’inchiesta sulla ‘ndrangheta condotta da diverse Procure, a 4 dipendenti della Spumador, produttrice di diverse bibite e bevande tra cui la celebre ‘spuma’. I due, stando al provvedimento di fermo, costringevano “attraverso violenze e minacce” dirigenti e dipendenti, in particoalre quelli addetti all’ufficio pianificazione trasporti, “ad assegnare alla ditta Sea Trasporti commesse di trasporto anche in violazione dei criteri generali fissati dall’azienda e dei criteri di economicità” procurandosi così “un ingiusto vantaggio patrimoniale consistito nel corrispettivo pagato da Spumador a Sea Trasporti per i trasporti effettuati”.
Palombari da Sudamerica per recupero droga in mare
La cosca Molè poteva contare sulla presenza a Gioia Tauro di due chimici sudamericani e di 3 palombari, presumibilmente appartenenti a reparti speciali di forze militari di paesi esteri. Nel settore del narcotraffico, il clan di ‘ndrangheta avrebbe, infatti, operato avvalendosi di una ramificazione internazionale, non solo per approvvigionarsi di ingenti quantitativi di cocaina, ma anche per il successivo recupero in mare dello stupefacente e per la sua lavorazione. Più in particolare, dalle indagini che hanno portato all’operazione odierna della Polizia di Reggio Calabria, nel 2019, è emersa la presenza in Italia di cittadini sud americani (quattro peruviani ed un colombiano, anch’essi destinatari della misura cautelare in carcere) due dei quali assoldati ed ospitati a Gioia Tauro con funzione di chimici e tre esperti palombari fatti giungere in Calabria per il recupero dello stupefacente in alto mare, in modo da ridurre i rischi connessi all’arrivo dei carichi di droga nel porto. Secondo quanto rivelato dal direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato, Francesco Messina, sono stati sequestrati due tesserini che permetterebbero di identificare due palombari come appartenenti alla Marina Militare peruviana. Dalle intercettazioni a carico di alcuni portuali livornesi, è emerso che, quando sorgevano problemi per esfiltrare la cocaina dal porto, la cosca impartiva ordini di gettare il carico di droga in mare dove sarebbe stato recuperato successivamente dai palombari”.
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Le riunioni in Svizzera per aggirare il 416 bis
Riunioni del clan in Svizzera per evitare di incorrere nel reato di associazione mafiosa. Un particolare rivelato dall’operazione “Nuova Narcos Europea” che ha portato all’arresto di 36 persone, su oltre 100 raggiunte da provvedimenti emessi dalle procure di Milano e Firenze. “L’operazione ha un connotato importante, per quanto riguarda il tipo di offensività di questa cosca della Piana, Molè, da qualche parte, da qualcuno, era stata definita una cosca in ribasso dal punto di vista della sua capacità criminale. Non è così” ha detto il direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato, prefetto Francesco Messina. La cosca Molè, infatti, era storicamente federata alla potentissima cosca Piromalli di Gioia Tauro, fin quando le strade criminali delle due consorterie si divisero, con l’omicidio di Rocco Molè ucciso nel 2008. Non solo la cosca Molè è tornata alla ribalta della cronaca, ma aveva proiezioni anche all’estero. “Qualcuno – ha spiegato Messina – si spostava in Svizzera perché lì manca la fattispecie analoga al 416 bis (il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso) e lì vi teneva regolarmente riunioni pensando di essere al sicuro”.
Durante lockdown sequestrata una tonnellata di cocaina
“Nel corso delle indagini siamo riusciti a sequestrare in diverse parti del territorio nazionale, peraltro in periodo di lockdown, più di una tonnellata di cocaina”. Lo ha detto il direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato, Francesco Messina, nel corso della conferenza stampa tenuta in Questura a Reggio Calabria per illustrare i dettagli sull’operazione “Nuova Narcos Europea”. “Peraltro anche stamattina – ha aggiunto Messina – nel corso dell’esecuzione delle misure cautelari, è stato sequestrato in Svizzera un chilogrammo di cocaina”.
I Molè e il cartello storico con i Piromalli
“Piromalli&Molè” non è solo la sigla di uno dei cartelli ‘ndranghetisti più noti al mondo delle cronache giudiziarie, in Italia e all’estero, ma rappresenta iconicamente la forza e la pervicacia della ‘ndrangheta e le sue raffinate capacità nel controllare il territorio di riferimento, la così detta “locale”, e di espandersi sul territorio nazionale e fuori d’Italia. Lo conferma anche l’ inchiesta odierna della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri, coordinata dall’aggiunto Calogero Paci ed eseguita dal personale della polizia di Stato di Reggio Calabria diretto dal questore Bruno Megali.
Il sodalizio ndranghetistico “Piromalli&Molè” si salda grazie al meccanismo dei matrimoni incrociati che blindano con il rapporto di sangue il tentativo di “sovvertire l’ordine costituito” sul territorio, e soprattutto, salvaguardare il gruppo dai potenziali collaboratori di giustizia. Rocco Molè (assassinato nel 2008) e i fratelli più giovani in atto reclusi, sono figli di una Piromalli, sorella dei più noti Mommo, Giuseppe e Antonio, il ceppo antico del ‘casato mafioso’, da tempo deceduti, e ben presto diventano l’altra gamba della cosca, curando l’organizzazione militare del gruppo, le estorsioni, le minacce e gli abusi nella Piana di Gioia Tauro. Addirittura, come hanno affermato oggi gli inquirenti, ci sono operatori economici gioiesi che si dicono ‘onorati’ di potere soddisfare le richieste dei boss di dazioni di danaro per sostenere i carcerati della cosca. I cugini Piromalli, invece, curano le ‘relazioni istituzionali’ con altri poteri criminali e con il mondo della politica e della massoneria deviata. L’atto di rottura è nell’aria e si determinerà il 1 febbraio del 2008 quando un gruppo di killer intercetta e uccide Rocco Molè.
Un segnale di aperta sfida, di cui sono sospettati i Piromalli, contro i cugini, ma anche diretto alle altre cosche della ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro su “chi è che comanda ancora”. I Molè, pur contando su altri alleati, sembrano incassare il colpo, un atteggiamento che si rivela tattico, in attesa probabilmente dell’uscita dal carcere dei fratelli di Rocco Molè, Girolamo e Domenico. Con le operazioni “Tirreno” e “Cent’anni di storia”, magistrati e forze di polizia, grazie anche alle collaborazioni dei pentiti, ricostruiscono però decine di omicidi, intimidazioni, estorsioni eseguite soprattutto dai Molè. Addirittura, il pentito Annunziato Raso, uno dei killer ‘full time’ dei Piromalli-Molè, racconta della permanente presenza in contrada ‘Sovereto’ di Gioia Tauro, in una masseria dei Piromalli, di decine di giovani affiliati sempre pronti ad eseguire le sentenze di morte contro chiunque tentasse di ribaltare il potere delle due famiglie. Gli interessi sono enormi, così come gli appetiti, a partire dal controllo del porto di Gioia Tauro per le sue implicazioni nel traffico di cocaina in arrivo dal sud America. I Piromalli-Molè, infatti, hanno costruito nel tempo solidi riferimenti tra i ‘cartelli’ colombiani, contando su personaggi a loro fedeli per i pagamenti delle grandi quantità di stupefacenti, con base anche in Spagna, e per organizzare puntualmente e in sicurezza la spedizione dello stupefacente. Come dicono gli inquirenti, molti dei loro carichi di cocaina venivano recuperati anche prima dell’attracco delle navi container a Gioia Tauro, utilizzando persino palombari di nazionalità peruviana, e la flotta peschereccia del basso Tirreno che basa nel porto. A dominare da decenni il mercato ittico di Gioia Tauro, infatti, uno degli arrestati di oggi, Antonio Albanese, suocero di Girolamo ‘Mommino’ Molè, nonno di Rocco Molè, 26 anni, anch’egli arrestato la scorsa notte, sospettato di essere il nuovo capobastone dei Molè, nonostante i tre anni trascorsi a Torino in una delle comunità gestita da don Ciotti, nell’ambito del programma di reinserimento ‘Liberi di scegliere’. Gli arresti odierni sarebbero la prova che la famiglia si era rimessa in sesto dopo lo scontro con i Piromalli.
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Tra gli indagati anche ex sindaco ed ex assessore
Tra gli indagati del filone milanese dell’indagine contro la ‘Ndrangheta “Cavalli di razza” figurano anche l’ex sindaco di Lomazzo in provincia di Como, Marino Carugati, 79 anni, e un ex assessore di Fino Mornasco (Como), entrambi già condannati per bancarotta fraudolenta in un’inchiesta della procura di Como con al centro un sistema di frode che passava attraverso consorzi e cooperative creati e poi volutamente destinati al fallimento. I due “ex amministratori pubblici”, non destinatari del provvedimento di fermo eseguito oggi, avrebbero avuto – stando alle indagini della Squadra mobile di Milano e della GdF di Como, coordinate dalla Dda del capoluogo lombardo – rapporti con gli affiliati del clan Molè-Piromalli radicato in Lombardia, tra le province di Varese e Como.
Tra gli indagati anche tre portuali Livorno
Ci sono anche tre portuali di Livorno tra i destinatari delle misure di custodia cautelare in carcere eseguiti dalle squadre mobili di Firenze e Livorno, nell’ambito del filone dell’inchiesta della Dda di Firenze sui traffici di droga legati alla ndrangheta. I tre avrebbero supportato logisticamente l’attività di ritiro dei carichi di droga. Un primo tentativo di recupero di un carico sarebbe fallito nell’agosto del 2019, quando la droga era arrivata a Livorno nascosta in un container di crostacei. Un successivo carico di 430 chili giunse invece nel novembre del 2019 e fu sequestrato dalla polizia. Il filone “toscano” dell’indagine sulla ‘ndrangheta è nato dalla scoperta della presenza di alcuni esponenti di ndrine calabresi a Livorno e dai loro incontri con personaggi locali collegati a vario titolo all’attività portuale. La necessità di delocalizzare l’attività da parte della ndrangheta si sarebbe presentata dopo la capillare presenza delle forze di polizia al porto di Gioia Tauro. Per sfuggire ai controlli, la malavita avrebbe reindirizzato i traffici verso gli hub di Livorno e Vado Ligure in provincia di Savona.
Tra gli indagati anche un finanziere
Tra le persone fermate nell’ambito dell’operazione coordinata dalle Procure Antimafia di Reggio Calabria, Milano e Firenze c’è anche Michele Contessa della Guardia di Finanza di Olgiate Comasco. Nel capo d’imputazione si motiva il provvedimento “per il sistematico asservimento delle funzioni e poteri di pubblico ufficiale inerenti la qualifica coperta nonché per il compimento degli atti contrari ai suoi doveri d’ufficio” consistiti nell’introdursi nella banca dati alla quale aveva accesso in quanto finanziere per assecondare le richieste di alcuni presunti appartenenti al gruppo criminale. In particolare, stando al provvedimento di fermo firmato dai pm e letto dall’AGI, Contessa sarebbe stato “a libro paga della famiglia Salerini” e, in questa veste, avrebbe compiuto “atti contrari ai doveri di ufficio, tra cui comunicazione di informazioni riservate e interventi su loro richiesta in caso di sanzioni amministrative irrogate ai loro mezzi”.
I trentasei arresti della squadra mobile di Reggio Calabria
Sono 36 gli arresti eseguiti dalla squadra mobile di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione che ha coinvolte le procura antimafia di Reggio Calabria, Firenze e Milano. Al centro dell’inchiesta la cosca Molè di Gioia Tauro, storica alleata dei Piromalli, e le sue dirmazioni in Italia e all’estero. Gli arresti effettuati in tutta Italia sono oltre 100. Associazione mafiosa, detenzione e porto illegale di armi, estorsione, riciclaggio, intestazione fittizia di beni, traffico internazionale di stupefacent i reati contestati a vario titolo. Gli inquirenti hanno eseguito anche il sequestro preventivo di aziende, beni immobili, terreni e rapporti finanziari. Con riferimento alle estorsioni, le contestazioni riguardano sia somme di denaro consegnate loro da operatori commerciali di Gioia Tauro, che condotte poste in essere nei confronti di operatori del settore ittico, costretti a consegnare o acquistare pesce da aziende riconducibili agli indagati. La cosca, in questo modo, avrebbe assunto il controllo del mercato del pese nel territorio di Gioia Tauro. Da qui il sequestro preventivo delle due società coinvolte.L’inchiesta ha inoltre permesso di documentare rapporti di collaborazione con soggetti ritenuti appartenenti ad altre cosche di ‘ndrangheta del versante tirrenico. Risultan indagato e destinatarii di misura cautelare in carcere, oltre a soggetti riconducibili alla cosca Pesce, anche un esponente della cosca Crea di Rizziconi. Sarebberostati confermati, inoltre, le relazioni criminali con organizzazioni ndranghetiste della provincia di Vibo Valentia.
La presunta associazione a delinquere di stampo mafioso
Sempre con riferimento al reato associativo e a vicende ritenute di natura estorsiva, le indagini hanno anche approfondito le condotte di alcuni soggetti domiciliati in Lombardia, in provincia di Como e Varese, oggetto di una inchiesta, parallela e collegata, della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, che ha emesso un fermo di Indiziato di delitto a carico di numerosi indagati a cui è stata data esecuzione sempre stamani. Le indagini avrebbero evidenziato l’esistenza di un’associazione internazionale finalizzata al traffico di ingenti quantitativi di stupefacenti. Dell’ associazione sono accusati di essere partecipi anche alcuni dei presunti affiliati alla cosca mafiosa, tra cui l’elemento di vertice, Rocco Molè.Su questo fronte le indagini hanno permesso di individuare l’arrivo di carichi di cocaina sia presso il Porto di Gioia Tauro che presso il porto di Livorno. Dei 36 arrestati nell’ambito dell’operazione, chiamata in codice “Nuova Narcos Europea”, 31 sono finiti in carcere e 5 agli arresti domiciliari. I beni sequestrati sono 2 società, 4 terreni, nonché rapporti bancari e finanziari.
Le indagini che hanno portato ai 100 arresti
Le indagini, svolte sotto le direttive del procuratore aggiunto Calogero Gaetano Paci, rappresentano lo sviluppo di elementi acquisiti nel corso dell’operazione “Handover”, condotta sempre dalla squadra mobile sotto le direttive della D.D.A. reggina,che, il 20 aprile 2021, era culminata nell’arresto di 53 indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, traffico e cessione di sostanze stupefacenti. In particolare, nel corso dell’indagine Handover furono monitorati rapporti sospetti tra presunti affiliati alla cosca Pesce, al centro dell’inchiesta, e presunti affiliati alla cosca Mole’ oggetto delle indagini odierne.Sulla base degli elementi investigativi raccolti, la cosca Mole’ sarebbe tuttora operativa attraverso il contributo di 7 persone che risultano indagate, oltre che per il reato di associazione mafiosa, anche per estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni.
I panetti di droga con il logo del Real Madrid
Proprio nell’area portuale toscana, tra il 6 e l’8 novembre 2019, furono individuati e sequestrati complessivamente 430 panetti di cocaina, del peso, ciascuno, di 1100 grammi circa, occultati all’interno di una cavità di laminati in legno, spediti dal Brasile. Dopo l’ingente sequestro era stata avviata un’ inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia i Firenze, nel cui ambito sono emersi elementi che portano, allo stato, a ritenere che l’organizzazione finalizzata al narcotraffico si è avvalsa della complicità di alcuni portuali dello scalo marittimo livornese, che avrebbero avuto il compito di agevolare il recupero del carico di cocaina. Al riguardo, il Gip del Tribunale di Firenze su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia ha emesso una misura cautelare a carico di 14 oersone, a cui è stata data esecuzione sempre nel corso della mattinata odierna. Sempre grazie alle risultanze delle attività tecniche di intercettazioni, il 25 marzo 2020, in una masseria di Gioia Tauro (per la quale il Gip ha disposto il sequestro preventivo), sono stati rinvenuti e sequestrati oltre 500 kg di cocaina, anch’essi suddivisi in panetti di 1 kg circa, alcuni dei quali marchiati con il logo “Real Madrid”, giunti nei giorni precedenti al porto di Gioia Tauro, occultati all’interno di un container commerciale. Nell’occasione era stato tratto in arresto, in flagranza di reato, il capo della cosca mafiosa e dell’organizzazione di narcotrafficanti.
L’appello del pm Milano: ” Chi si avvicina loro gioca con fuoco”
“La criminalità organizzata non è un fenomeno concentrato solo in certe regioni d’Italia. Qui ha più difficoltà a prendere il controllo politico del territorio ma rischia di arrivarci qualora non si alzi la soglia d’allerta da parte di tutti. Chi si avvicina a questo mondo per difficoltà o per timore nell’illusione di guadagnare migliori condizioni deve sapere che sta giocando con il fuoco”. Lo ha detto il procuratore facenti funzioni della Repubblica di Milano Riccardo Targetti lanciando un appello alla società civile al termine della conferenza stampa in cui sono stati illustrati i dettagli dell’indagine ‘Cavalli di razza’ contro la ’Ndrangheta che in Lombardia ha portato all’esecuzione del fermo di 54 persone. L’operazione ‘Cavalli di razza’ delle procure di Milano, Reggio Calabria e Firenze “è la rappresentazione plastica di quello che oggi è l’ndrangheta: un mix di arcaicità e di assoluta modernità che proietta l’organizzazione nel futuro”. Lo ha detto il procuratore aggiunto con delega alla Dda di Milano Alessandra Dolci durante una conferenza stampa in cui sono stati illustrati i dettagli dell’indagini che in Lombardia ha portato al fermo di 54 persone indagate a vario titolo di associazione di stampo ‘ndranghetista, estorsione, traffico di droga, bancarotta e reati fiscali. Da un lato – ha osservato il pm antimafia – restano “i riti di iniziazione” e “le ‘mangiate’” dall’altro c’è una “‘Ndrangheta 2.0 che sfrutta gli imprenditori per acquisire il loro know-how” così da “sostituire le mazzette con i proventi dell’evasione fiscale”.
Il ministro dell’Interno Lamorgese sui 100 arresti ‘ndrangheta
Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha manifestato la propria “soddisfazione per le vaste e articolate indagini condotte dalla Polizia di Stato, con il coordinamento delle Direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria, Milano e Firenze e con il supporto del Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine, che hanno portato all’arresto su tutto il territorio nazionale e all’estero di più di 100 persone ritenute appartenenti alla ‘ndrangheta”. “Le complesse operazioni – sottolinea la titolare del Viminale – che hanno, tra l’altro, consentito di intercettare un importante traffico internazionale di sostanze stupefacenti e di sequestrare un ingente quantitativo di cocaina, testimoniano ancora una volta l’elevata capacità investigativa e la professionalità delle nostre forze di polizia nel contrasto alle organizzazioni criminali i cui interessi illeciti assumono sempre più un carattere transnazionale”.
Questore Reggio Calabria: “Inquinata economia piana Gioia Tauro”
“E’ l’ennesima dimostrazione della presenza della Polizia di Stato e dell’attenzione che ha riguardato il territorio della Piana di Gioia Tauro che da sempre vede la presenza di organizzazioni molto pervicaci e ramificate sul territorio, che hanno inquinato tutti gli aspetti economici di quel territorio. La cosca Molè soprattutto operativa nel settore del traffico di stupefacenti e aveva ramificazioni su tutto il territorio nazionale”. Lo ha detto il questore di Reggio Calabria, Bruno Megale, illustrando, nel corso della conferenza stampa tenuta in Questura a Reggio Calabria, i dettagli sull’operazione Nuova Narcos Europea.
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