Blitz antimafia all’alba contro Cosa nostra catanese.
Sono 38 le persone arrestate dai carabinieri del comando provinciale – tra Catania, Siracusa e Palermo – che hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori ed estorsione. L’indagine, nome in codice ‘Overtrade’, ha disvelato le dinamiche criminali interne al clan, operante nell’hinterland etneo, con base operativa a Mascalucia, evidenziando il ruolo preminente di due personaggi ritenuti dagli inquirenti personaggi di primo piano della famiglia Santapaola-Ercolano.
Sono 38 le persone arrestate dai carabinieri del comando provinciale – tra Catania, Siracusa e Palermo – che hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori ed estorsione. L’indagine, nome in codice ‘Overtrade’, ha disvelato le dinamiche criminali interne al clan, operante nell’hinterland etneo, con base operativa a Mascalucia, evidenziando il ruolo preminente di due personaggi ritenuti dagli inquirenti personaggi di primo piano della famiglia Santapaola-Ercolano.
In particolare, eseguite 13 misure cautelari in carcere, 22 agli arresti domiciliari e 3 dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
L’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo di Catania dal dicembre 2016 allo stesso mese del 2018, anche sulla base delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, è stata avviata allo scopo di monitorare le attività del gruppo di Mascalucia all’indomani della scarcerazione di Salvatore Mazzaglia e del genero Mirko Casesa, entrambi personaggi di vertice nella famiglia di Cosa nostra catanese Santapaola-Ercolano.
Le indagini hanno consentito di accertare non solo la loro appartenenza mafiosa e una serie di estorsioni mafiose (la maggior parte non contestate per la mancata collaborazione delle vittime), reati in materia di armi e intestazioni fittizie di beni, ma anche un imponente traffico di cocaina, hashish e marijuana che ha come figura centrale Mazzaglia, cui vengono contestati 18 capi di imputazione, ed il suo gruppo criminale costituito dal figlio Giovanni, dal genero Casesa, dal nipote Victor Mangano, nonché Elena Nicosia, con il compito di mantenere i contatti con gli acquirenti e deputata, insieme a Mangano, al trasporto e alla consegna dello stupefacente.
Mazzaglia è riuscito ad intessere amicizie con esponenti della criminalità organizzata calabrese.
E con altri gruppi mafiosi attivi nel territorio etneo e nelle altre province siciliane, con i quali ha attivato diversi canali di rifornimento per l’acquisto di ingenti quantitativi di droga. Il boss è riuscito anche a ottenere la fornitura di stupefacenti a credito e a un prezzo più favorevole rispetto a quello praticato sul ‘mercato ordinario’, prezzo al quale poi lo stesso applicava un rincaro che costituiva il guadagno relativo alla sua intermediazione. Mazzaglia, infatti, non gestiva nessuna piazza di spaccio sul territorio, limitandosi a movimentare grossi quantitativi di stupefacente in favore di importanti acquirenti, i quali ne curavano successivamente la distribuzione agli spacciatori al dettaglio.
Dell’associazione faceva parte anche Giovanni Mazzaglia, figlio di Salvatore, che affiancava il padre nei traffici più rilevanti, compresa la fornitura dello stupefacente in provincia di Siracusa ai fratelli De Simone, e in provincia di Catania ai fratelli Vacante (nipoti del più Roberto Vacante, attualmente detenuto al 41 bis). Accertati, tra l’altro, l’estorsione Salvatore Mazzaglia e del genero Casesa a un esercizio commerciale di Nicolosi, e la fittizia attribuzione ad Agata Mazzaglia (moglie di Casesa) della titolarità di una impresa per la commercializzazione di prodotti lattiero caseari e uova (sottoposta oggi a sequestro), al fine di eludere la normativa in materia di misure di prevenzione.
A conclusione delle indagini, contestati 46 capi di imputazione nei confronti di 51 indagati.
“C’è stata una scarsissima collaborazione delle parti offese…”. Così il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, sull’operazione antimafia “Overtrade”, con 38 misure cautelari. E’ stato uno dei due pm a spiegare che la maggior parte di quelli che hanno detto di avere pagato lo hanno fatto perché al corrente dello “spessore criminale del gruppo” e per questa ragione per loro non scatterà la denuncia perché manca la prova delle minacce, ma due titolari della Ecolandia, un’impresa per la raccolta di rifiuti solidi urbani della provincia etnea, in base a delle intercettazioni agli atti dell’inchiesta e alle dichiarazioni di un pentito, sono indagati per false dichiarazioni ai Pm.
Tra le intercettazioni ci sono le dichiarazioni dei vertici del gruppo in cui si sottolinea la loro ‘supremazia’ criminale nella zona: “Il paese è dei paesani…”, affermano riferendosi a un’estorsione avviata da un clan di Catania. E parlando tra loro delle vittime non esitavano a minacciare “di rompergli le corna” o di “doverlo ammazzare se non si comprano la cassetta”.
Gli affari più remunerativi riguardano il traffico e dello spaccio di droga che fruttava dai 4 ai 5 mila euro di guadagno per ogni chilogrammo di droga pesante.
Al telefono per parlarne usavano un linguaggio criptico con riferimento alle auto: una “Audi Q5” se si trattava di cocaina e una “Fiat 500” nel caso di hashish. L’esponente di spicco del gruppo è Salvatore Mazzaglia, elemento di elevato spessore criminale e in passato legato al clan Pulvirenti e poi confluito in quello Santapaola-Ercolano che rimprovera un giovane che voleva uscire con la sua ragazza invece di ‘lavorare’: “Il territorio bisogna presidiarlo, ci devono vedere tutti e sempre”, gli contesta.
Salvatore Mazzaglia, arrestato in precedenza, è cognato di Piero Puglisi, genero del capomafia Giuseppe Puliventi ‘U Mappassotu’, per averne sposato la sorella, Angelina Puglisi, coinvolta nell’inchiesta e finita agli arresti domiciliari.