La procura di Torino ha aperto un’inchiesta sulla morte di Orlando Merenda, 18enne soveratese che domenica scorsa si è suicidato gettandosi sotto un treno tra le stazioni Lingotto e Moncalieri. Bullismo e omofobia sono le ipotesi avanzate dall’inchiesta. Si indaga a tappeto sui messaggi postati sulla sua pagina Instagram. Tra i numerosi messaggi di cordoglio, ci sono anche insulti agli omosessuali. Gli agenti della polizia ferroviaria hanno acquisito i messaggi e sentito gli insegnanti dell’istituto professionale che il ragazzo frequentava.
La madre lascia la Calabria per l’ultimo saluto
La madre lascia la Calabria per l’ultimo saluto
Una delle ipotesi è che il ragazzo non abbia retto ai giudizi e agli insulti che riceveva. “Era preoccupato e non mi ha fatto i nomi di chi gli faceva del male. Diceva che queste persone mettevano in dubbio la sua omosessualità”. Queste le parole del fratello di Orlando al quotidiano La Stampa. Lo avevano preso di mira perché gay – racconta – ed era spaventato da alcune persone, tanto da non rivelare i nomi neanche al fratello. Tutti i giorni il diciottenne veniva preso di mira sui suoi profili social con frasi omofobe e minacce.
“La mia colpa è quella di essere stata lontana quando lui ne aveva bisogno, nella fase dell’adolescenza”. Queste le parole della madre di Orlando che, dopo la separazione dal marito, vive in Calabria. La donna, come riporta FanPage, è tornata a Torino per l’ultimo saluto a suo figlio. “Se fossi stata io al suo fianco, l’avrei potuto proteggere, mi avrebbe confidato le sue paure”. Anna – riferendosi al padre del ragazzo – conclude affermando che l’ex compagno le “ha tolto la possibilità di essere una madre presente”.
“Approvare il DdL Zan”
“Abbiamo la possibilità di evitare che cose del genere si ripetano ancora e in particolare mi rivolgo a senatori e senatrici: bisogna approvare il Ddl Zan. Sostenere un cambiamento che possa iniziare dalle scuole perché diventino un luogo più sicuro per le nuove generazioni, dove formarsi senza paura di essere se stessi”. Così l’assessore ai Diritti della Città di Torino, Marco Giusta.