Calabria a rischio: urge la “buona” politica, ma si fatica a trovarla

di Alessandro Manfredi – Non fossimo nella traumatica era del Covid-19 certe cose si sarebbero potute anche sopportare, se non altro per abitudine o rassegnazione.

Ma siamo nello storico momento di una pandemia, il disastro socio-economico è alle porte e ciò che due mesi fa poteva semplicemente passare per prassi di un sistema politico votato a poco nobili obiettivi di tutela dei propri poteri e privilegi, oggi appare come un’offesa alla dignità ed all’intelligenza dei calabresi. Perché lo scenario intorno all’umanità intera si è drammaticamente complicato, trascinando ogni Stato ed ogni rappresentante istituzionale in un vortice letale, dal quale si esce vivi solo con un incredibile atto di responsabilità e con la vocazione totale alla competenza.

Ma siamo nello storico momento di una pandemia, il disastro socio-economico è alle porte e ciò che due mesi fa poteva semplicemente passare per prassi di un sistema politico votato a poco nobili obiettivi di tutela dei propri poteri e privilegi, oggi appare come un’offesa alla dignità ed all’intelligenza dei calabresi. Perché lo scenario intorno all’umanità intera si è drammaticamente complicato, trascinando ogni Stato ed ogni rappresentante istituzionale in un vortice letale, dal quale si esce vivi solo con un incredibile atto di responsabilità e con la vocazione totale alla competenza.

Insomma, sistemi politici, come quelli in voga da decenni in Calabria, che hanno razziato il destino di generazioni intere, in un’epoca come quella attuale non possono più essere consentiti. Il clientelismo, gli affari “nostri”, parenti e amici, gestione e controllo della cosa pubblica a proprio piacimento ed interesse esclusivo, diritti venduti per favori ai quali dimostrare anche riconoscenza, ecco tutto questo è diventato inammissibile.

Dal 26 gennaio scorso, quando nell’era precedente al Covid è stato eletto il nuovo Consiglio regionale, traslato poi nell’era del Covid, l’assemblea si è riunita due volte ed il prossimo 26 maggio sarà la terza riunione (ancora a porte chiuse). Oggettivamente poca roba in un momento delicatissimo per le sorti di tutta la popolazione calabrese. Dopo l’emergenza sanitaria, tenuta a bada con buona fortuna, ma che nella gestione dei pochi focolai e nelle Rsa ha dimostrato la debolezza del sistema, è piombata l’emergenza socio-economica, verso la quale la Giunta regionale ha reagito con il “Riparti Calabria”, una misura tutta da verificare, ma che a prima vista, a parere degli esperti e degli imprenditori calabresi, non può bastare. Si prevedono decine di migliaia di nuovi disoccupati nei prossimi mesi ed i numeri potrebbero in realtà essere tragicamente peggiori. Una regione che sopravvive con turismo e commercio si trova con i settori chiave per l’economia destinati ad una guerra molto difficile da vincere. Quello che ci attende è per davvero un momento unico ed irripetibile, che da un lato fa paura, ma dall’altro fa emergere la grande voglia dei calabresi di non voler perire. Lo stanno dimostrando nei fatti gli imprenditori di tutte le città della regione, che si uniscono per vincere insieme questa sfida tremendamente rischiosa, perché consapevoli che da soli sono spacciati.

Avrebbero bisogno del sostegno della “buona” politica, ma il Consiglio regionale in questi mesi si è occupato quasi esclusivamente di costruire le strutture politiche, con le ultime sette assunzioni depositate lo scorso 14 maggio. Segretari, autisti, collaboratori ed ancora ce ne saranno tante altre di new entry a Palazzo Campanella, alla faccia di quanto dichiarato nell’ultima assemblea dal governatore Jole Santelli, che ha evidenziato la presenza di 800 dipendenti deputati a non fare nulla.

Ed ancora peggiore, pertanto, apparirà all’opinione pubblica, la scelta dei consiglieri regionali, che avendo verificato di aver bisogno di ulteriore personale ed addetti al lavoro, si stanno inventando una nuova Commissione che costerà circa 100 mila euro in più ai calabresi. Gli stessi calabresi che hanno un rischio di povertà altissimo per buona parte della popolazione, che già viveva prima del virus la condizione di ultima d’Europa. Ed era così urgente istituirla che prima si è chiesta per un settore e poi per un altro ancora, mischiandoli per raggiungere l’obiettivo unico di avere altre poltrone su cui accomodarsi e altri necessari collaboratori da assumere, per portare avanti nel miglior modo possibile il notevole sforzo istituzionale che c’è da compiere.

Appare evidente che se questa è la solita strada che la politica calabrese vuole continuare a percorrere, nonostante sia in corso una pandemia ed un cambiamento epocale nella storia dell’umanità, significa probabilmente che le speranze di una Calabria migliore sono davvero pochissime. Serve un atto di responsabilità e di generosità, questo serve. Non essere all’altezza, con un tessuto socio-economico così fragile, in una terra che è pure casa della ‘ndrangheta, in questa pazza epoca nella quale siamo sprofondati, sarebbe una condanna a morte per tutti i calabresi, quelli di oggi e quelli che verranno.

Redazione Calabria 7

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