(D.C.) – Una partita non giocata può commuovere? Sì, e per mille aspetti, per giunta. A strappare le lacrime, infatti, è stato Giovanni Rosati, estremo difensore della Berretti del Rieti, che ieri non ha potuto scendere in campo contro la Reggina a causa di problemi societari e burocratici forse, a breve, causa dell’esclusione dal girone C di terza serie dello stesso club laziale intanto costretto a schierare i suoi giovanissimi.
Il ragazzo che parla, comunque sia, ha appena 18 anni e in un’intervista, rilasciata qualche ora fa al cronista Antonello Battaglia, ha più o meno detto così: “Non sono Buffon e non lo sarò. Mai. Non diventerò neppure un campione, capace di militare in A. Ma ieri avevo un sogno, che mi è stato negato. Di cosa parlo? Della possibilità di parare un rigore a Denis, ex nazionale argentino, o a Reginaldo, atleta brasiliano di una certa classe, desiderio di chiunque calchi un campo nel ruolo di portiere. Avrei però almeno potuto chiedere la maglia autografata di Guarna, un collega – mi permetto di definirlo in tal modo – che ha conosciuto da vicino la B. Certo non avrei potuto ricambiare, considerato che la dirigenza ci ha fornito una sola divisa, però sono sicuro avrebbe capito facendomi contento. E invece niente. Di questa giornata – ha chiosato – non mi resterà ricordo o traccia. Neppure un piccolo aneddoto da raccontare quando nel prossimo futuro, quasi sicuramente, sarò impegnato a lavorare nella bottega della mia famiglia, magari a qualche cliente appassionato di calcio. Un motivo d’orgoglio per chi crede ancora in uno sport meraviglioso”.
Il ragazzo che parla, comunque sia, ha appena 18 anni e in un’intervista, rilasciata qualche ora fa al cronista Antonello Battaglia, ha più o meno detto così: “Non sono Buffon e non lo sarò. Mai. Non diventerò neppure un campione, capace di militare in A. Ma ieri avevo un sogno, che mi è stato negato. Di cosa parlo? Della possibilità di parare un rigore a Denis, ex nazionale argentino, o a Reginaldo, atleta brasiliano di una certa classe, desiderio di chiunque calchi un campo nel ruolo di portiere. Avrei però almeno potuto chiedere la maglia autografata di Guarna, un collega – mi permetto di definirlo in tal modo – che ha conosciuto da vicino la B. Certo non avrei potuto ricambiare, considerato che la dirigenza ci ha fornito una sola divisa, però sono sicuro avrebbe capito facendomi contento. E invece niente. Di questa giornata – ha chiosato – non mi resterà ricordo o traccia. Neppure un piccolo aneddoto da raccontare quando nel prossimo futuro, quasi sicuramente, sarò impegnato a lavorare nella bottega della mia famiglia, magari a qualche cliente appassionato di calcio. Un motivo d’orgoglio per chi crede ancora in uno sport meraviglioso”.