Lo incontri allo stadio e quasi non ci fai caso. Accompagnato da nipoti più giovani e con il passo incerto di chi non è più giovane e magari anche acciaccato. Poi le condizioni fisiche di Kanoutè o il saluto di un amico che ti fa cenno pochi metri più in la ti distolgono l’attenzione. Fino a che qualcuno decide di parlarci e scopri quello che riporta un tifoso, Giuseppe Bitonti, sul suo profilo Facebook.
“Questa è la storia di Antonio. O almeno la parte che piu’ mi ha toccato e che ho voluto fare mia. Antonio è una persona speciale. Ha vissuto la sua gioventu’ in alcuni istituti speciali. Napoli prima, Firenze dopo è cresciuto praticamente da solo. Cosa lo abbia portato a far si che io un giorno volessi parlargli è la passione e l’orgoglio che ha coltivato per la mia stessa squadra del cuore. Perchè lontano da casa e tra tanti suoi coetanei l’ unico motivo per sentirsi alla pari era poter sbandierare la sua passione. Ma qui il calcio anche se è una componente fondamentale c’ entra poco. Perchè in fin dei conti quello che lui ha scoperto e trovato è stata la possibilità di sentirsi come gli altri. Insieme agli altri. La solitudine è stata spesso ripetuta mentre mi raccontava la sua storia. Una vita fatta di cose semplici e basilari perchè di piu’ non gli era concesso. Ma è proprio questa leva umana che ha fatto si che potessi cogliere, al di là di cio’ che ci affligge o ci entusiasma, la possibilità di sentire il senso delle cose. Cose che diamo per scontato perchè noi, a differenza sua, abbiamo delle fortune non percepibili finchè non ci si sforza ad immaginare come possa essere la vita degli altri. Questa è una storia di amore , passione, e calore umano. Perchè Antonio per poterle vivere le cerca negli altri, in tutti coloro che gli possono stare accanto. Ed è cosi che si puo’ comprendere cosa significhi per Antonio assistere ad una partita. Nelle sue parole ho solo sentito la semplicità delle emozioni. Perchè ha vissuto gli anni piu’ belli del Catanzaro parlando ora di Palanca ora di Ranieri senza aver mai avuto la possibilità di assistere alle loro gesta. Ma a differenza di tutti ha potuto sentire cio’ che ognuno è capace di dare. Il nostro entusiasmo, la nostra gioia, in maniera cosi profonda e particolare che tutto cio’ che viviamo diventa quasi banale. Antonio è sempre li, allo stadio quando i suoi cari nipoti gli fanno compagnia, e ogni rete ogni azione non è piu’ uno spettacolo a cui assiste, ma è un emozione che riesce a scrutare ascoltando gli altri, e gioisce sempre un istante dopo. Antonio è un non vedente . Non sa cosa sia il giallo e il rosso, ma sa del sole e della terra. Le partite non le guarda , ma le vive, forse come nessuno mai. Ed il calcio è un dettaglio, il sentimento è tutto. Mi hai salutato dicendo , ci vediamo… ed io mi sono un po’ imbarazzato , emozionato e sentito grato.”
“Questa è la storia di Antonio. O almeno la parte che piu’ mi ha toccato e che ho voluto fare mia. Antonio è una persona speciale. Ha vissuto la sua gioventu’ in alcuni istituti speciali. Napoli prima, Firenze dopo è cresciuto praticamente da solo. Cosa lo abbia portato a far si che io un giorno volessi parlargli è la passione e l’orgoglio che ha coltivato per la mia stessa squadra del cuore. Perchè lontano da casa e tra tanti suoi coetanei l’ unico motivo per sentirsi alla pari era poter sbandierare la sua passione. Ma qui il calcio anche se è una componente fondamentale c’ entra poco. Perchè in fin dei conti quello che lui ha scoperto e trovato è stata la possibilità di sentirsi come gli altri. Insieme agli altri. La solitudine è stata spesso ripetuta mentre mi raccontava la sua storia. Una vita fatta di cose semplici e basilari perchè di piu’ non gli era concesso. Ma è proprio questa leva umana che ha fatto si che potessi cogliere, al di là di cio’ che ci affligge o ci entusiasma, la possibilità di sentire il senso delle cose. Cose che diamo per scontato perchè noi, a differenza sua, abbiamo delle fortune non percepibili finchè non ci si sforza ad immaginare come possa essere la vita degli altri. Questa è una storia di amore , passione, e calore umano. Perchè Antonio per poterle vivere le cerca negli altri, in tutti coloro che gli possono stare accanto. Ed è cosi che si puo’ comprendere cosa significhi per Antonio assistere ad una partita. Nelle sue parole ho solo sentito la semplicità delle emozioni. Perchè ha vissuto gli anni piu’ belli del Catanzaro parlando ora di Palanca ora di Ranieri senza aver mai avuto la possibilità di assistere alle loro gesta. Ma a differenza di tutti ha potuto sentire cio’ che ognuno è capace di dare. Il nostro entusiasmo, la nostra gioia, in maniera cosi profonda e particolare che tutto cio’ che viviamo diventa quasi banale. Antonio è sempre li, allo stadio quando i suoi cari nipoti gli fanno compagnia, e ogni rete ogni azione non è piu’ uno spettacolo a cui assiste, ma è un emozione che riesce a scrutare ascoltando gli altri, e gioisce sempre un istante dopo. Antonio è un non vedente . Non sa cosa sia il giallo e il rosso, ma sa del sole e della terra. Le partite non le guarda , ma le vive, forse come nessuno mai. Ed il calcio è un dettaglio, il sentimento è tutto. Mi hai salutato dicendo , ci vediamo… ed io mi sono un po’ imbarazzato , emozionato e sentito grato.”
ps. Ringrazio tutti i Tipsy che con me hanno voluto regalargli un attimo di partecipazione e appartenenza, dimostrandogli il nostro affetto.
Giuseppe gli ha donato una sciarpa del gruppo che gelosamente ne fa uso ristrettissimo. Antonio ha gradito molto e nella sua espressione di candida felicità, non si sa bene se abbia sorriso o si sia commosso. Forse entrambe le cose.