di Gabriella Passariello- Uno sconto di pena e un verdetto di condanna ribaltato in assoluzione. Si chiude il processo di secondo grado sull’omicidio di Giuseppe Damiano Cricrì, il 48enne di Melicuccà di Dinami, ex candidato a sindaco nelle amministrative del maggio 2013 ritrovato carbonizzato nella sua auto il 22 ottobre 2013, nelle campagne di Acquaro, nel Vibonese. La Corte di assise appello di Catanzaro, presieduta da Gabriella Reillo ha inflitto 20 anni di reclusione a Liberata Gallace, (difesa dall’avvocato Cristian Scaramozzino), 57enne di Piani di Acquaro accusata di omicidio, quattro anni in meno rispetto al verdetto sentenziato in primo grado l’11 giugno del 2019, dal momento che è caduta la premeditazione, mentre ha assolto, per non aver commesso il fatto, Fiore D’Elia (difeso dai legali Salvatore Staiano, Giovanna Fonte e Vincenzo Cicino), 67enne di Gerocarne, condannato in primo grado dalla Corte di assise, presieduta da Alessandro Bravin a 22 anni di reclusione per soppressione di cadavere. Un’assoluzione resa possibile anche grazie alla perizia fornita dal consulente Arrigo Palumbo. Per un terzo imputato Alfonsino Ciancio e figlio della Gallace la condanna a 14 anni di carcere è già diventata definitiva.
Il movente dell’omicidio
Il movente dell’omicidio
Il movente del delitto sarebbe stato di natura passionale: in base alla ricostruzione degli inquirenti sarebbe emerso che Giuseppe Damiano Cricrì, dopo la separazione dalla moglie aveva stretto una relazione sentimentale con Liberata Gallace, a sua volta separata in casa. Un omicidio, secondo le ipotesi di accusa, aggravato dalla premeditazione: la donna non avrebbe accettato la decisione di Cricrì di chiudere la loro relazione e avrebbe dato appuntamento alla vittima in un luogo appartato in località “Boschetto”, alla periferia di Limpidi di Acquaro e in orario notturno. Proprio lì Cricrì sarebbe stato colpito con un oggetto contundente alla testa, al volto e in diverse parti del corpo, provocandone la morte. Il corpo della vittima sarebbe stato poi caricato, secondo l’originaria ricostruzione dei fatti con l’aiuto di Alfonsino Ciancio e di Fiore D’Elia sul sedile posteriore della Panda e trasportato in località Petrignano di Acquaro, il luogo dove avrebbero cosparso l’auto di liquido infiammabile per poi dar fuoco, carbonizzando il corpo della vittima, per non lasciare tracce. Una ricostruzione del delitto non corrispondente in toto ai fatti alla luce dell’assoluzione di Fiore D’Elia, il quale era stato chiamato dalla Gallace e arrivato sotto casa sua, lei aveva disdetto l’incontro con la scusa di non sentirsi bene. L’ unico elemento che lo collega alla Gallace è l’aggancio delle celle telefoniche all’antenne di copertura di quella zona. Ma D’Elia a quello omicidio non vi ha proprio preso parte, si era fatto un giro ed era tornato a casa. Bisognerà attendere venticinque giorni per conoscere le motivazioni della sentenza.