“Prendo spunto da un fatto di cronaca locale per accendere i riflettori su un fenomeno che ritengo davvero allarmante. Mi riferisco alla diffusione di canzoni con brani che inneggiano alla mafia.
“Prendo spunto da un fatto di cronaca locale per accendere i riflettori su un fenomeno che ritengo davvero allarmante. Mi riferisco alla diffusione di canzoni con brani che inneggiano alla mafia.
Non è semplice affrontare il tema senza commettere l’errore di pubblicizzare queste strofe inneggianti a boss e latitanti. Per questo, fino ad oggi, avevo preferito non commentare pubblicamente una produzione artistica così offensiva quanto pericolosa. La mia preoccupazione corre, però, ai molti giovani della nostra terra che ancora non hanno gli strumenti idonei per potersi difendere dall’influenza plagiante di questo tipo di personaggi”. Lo afferma in un post sulla sua pagina facebook Dalila Nesci, parlamentare calabrese del Movimento 5 Stelle e componente della commissione antimafia.
Non si può fare leva su stereotipi malsani
“Pur di uscire dalla propria mediocrità e raccogliere migliaia di like inconsapevoli – scrive ancora la Nesci – la sedicente cantante folk, Teresa Merante, non esita a far leva su malsani stereotipi che, invertendo la realtà, raffigurano come veri patrioti gli “omini d’arti tempi” e come nemici del popolo lo Stato e i suoi servitori, fino ad esaltare come gesta eroiche le stragi di Capaci e di Via d’Amelio. Da cittadina calabrese, da componente della Commissione bicamerale antimafia, non ritengo si possa tollerare tutto questo appellandosi al principio della libertà dell’arte. Se da un lato ritengo giusto, allora, che la Procura di Catanzaro valuti se tali condotte possano essere ricondotte a fattispecie di reato già presenti nel nostro Ordinamento, dall’altro – come parlamentare – penso sia necessario un atto legislativo che definisca meglio, per casi come questo, il perimetro della legalità. E’ già presente una proposta di legge a mia firma che vede l’introduzione di specifici provvedimenti per la protezione e l’assistenza dei minorenni appartenenti a famiglie mafiose: misure molto dure che possono arrivare fino alla revoca della patria responsabilità genitoriale. Con la stessa durezza credo sia giunto il momento di introdurre il reato di “apologia di mafia” proprio come la Legge Scelba, nel lontano 1952, introdusse una fattispecie tipica e cioè l’apologia di fascismo. Al Senato, infatti, la nostra senatrice Margherita Corrado ha lavorato ad un testo per una proposta di legge in tal senso. Lo Stato democratico – conclude – ha dei limiti invalicabili: è nostro dovere contrastare chiunque – anche a parole – ne incita la sovversione”.
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