Caso Pedri, la perizia psichiatrica: “Sono un morto che cammina. Non ce la farò”

La ginecologa di 31 anni scomparsa nel marzo del 2021 aveva studiato e lavorato a Catanzaro per diversi anni
sara pedri

 “Sono un morto che cammina. Questa volta non ce la farò, scriveva verso la fine”. È uno dei passaggi contenuti nelle 119 pagine della consulenza tecnica redatta dalla psicologa Gabriella Marano, che è stata incaricata di ricostruire il profilo psicologico e comportamentale di Sara Pedri, ginecologa scomparsa in Trentino il 4 marzo del 2021 che ha studiato e lavorato a Catanzaro per diversi anni. Il documento è stato depositato in procura il 28 dicembre scorso dall’avvocato Nicodemo Gentile, che rappresenta la madre della donna.

“Un agnello in mezzo ai lupi”

“Un agnello in mezzo ai lupi”

Secondo la consulente Sara “si è ritrovata come un agnello in mezzo ai lupi, ed ha finito per essere sbranata dalla violenza di chi si è avventato contro di lei. È stata vittima infatti di Mobbing, nella sua variante del Quick Mobbing, ovvero di comportamenti vessatori frequenti e costanti, posti in essere con lo scopo (quand’anche inconsapevole) e l’effetto di violare la sua dignità di donna e lavoratrice, e di creare, intorno a lei, un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed of ensivo, che ha minato, data l’eccezionalità e la violenza della portata, il suo equilibrio in poco più di 3 mesi, generando in lei un vero e proprio disturbo. Disturbo Post Traumatico da Stress, con sintomi ricorrenti riconducibili anche al criterio della Depersonalizzazione”, si legge.

“Un dolore estremo”

L’ambiente di lavoro in reparto a Trento, per la consulente di parte, aveva indotto Sara “a vivere un dolore estremo che, nella sua mente, era diventato intollerabile, insopportabile, inaccettabile. Tanto che la morte è diventata per lei sollievo e serenità”.

L’esperta – secondo la quale è “prossimo alla certezza, che Sara Pedri si sia tolta la vita” – osserva inoltre che “Il supertestimone di questa cronaca appena esposta è proprio lei, Sara, che ha parlato attraverso gli appunti lasciati in casa, le e-mail inviate e non, le telefonate, le confidenze, gli sfoghi, le lacrime versate con le persone a lei più care, e soprattutto attraverso le migliaia e migliaia di messaggi e di vocali che coprono intensamente gli ultimi tre anni della sua vita. Tutto quanto appena scritto rappresenta in questa vicenda la Stele di Rosetta, la cui attenta decifrazione ha riportato alla luce, scolpito nella roccia, il decreto di morte di Sara”.

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