di Danilo Colacino – Ma quale Badoo, Tinder o Meetic, il vero sito per incontri sta diventando Facebook. Soprattutto in certe località di ‘provincia’ come Catanzaro (capoluogo di una regione periferica e con una popolazione ormai di circa appena 90mila unità). La riprova oltreché in alcuni dati rinvenuti e pubblicizzati dallo stesso Social, che ha peraltro per così dire censito nei suoi elenchi quasi 300 milioni di single in tutto il mondo, anche nell’uso ‘piccante’ che se ne fa di recente. Tanto da rendere l’App Dating (appunto pensata per cuori solitari) quasi superflua o comunque affatto necessaria, almeno nella calda periferia italiana. Una realtà in cui il si fa, ma non si svela, è una forma di protezionismo indispensabile per non finire sulla bocca di tutti, parenti e amici inclusi.
Foto sempre più osè e pose ammiccanti. D’accordo, Facebook è uno spazio di libertà – e per di più con una serie di filtri per proteggere adeguatamente la privacy, che consentono di ‘blindare’ qualunque profilo – ma il punto è proprio come viene utilizzato. Nulla di penalmente rilevante, per carità, tuttavia la notizia nel caso di specie ha risvolti e profili sociologici non indifferenti, che i giornalisti hanno il dovere di cogliere. Il riferimento è alla trasformazione dei costumi, favorita da un progresso da cui emergono strumenti come quello che nominalmente sarebbe il ‘libro delle facce’. Un mezzo gratuito, anche se non ‘a costo zero’ per chiunque ne sia iscritto, che muta tranquille casalinghe, professioniste e perfino attempate madri di famiglia (ma la stessa considerazione, seppur in termini leggermente diversi, vale per gli appartenenti al sesso maschile) in vamp capaci di sfoggiare corpi curati (o anche no, in vari casi) e pose ‘esplicite’ o quantomeno ammiccanti. Tanto che in pochi si aspetterebbero come la signora Pina (nome di fantasia ovviamente) e il signor Giorgio (ancora convenzionalmente inteso), spesso inflessibili funzionari di questo o quell’ente pubblico, mostrino toraci e addominali scolpiti in palestra, estremità o parti sensibili del corpo, anche in costume da bagno, con un messaggio – neppure troppo subliminale – ignorato solo dai puri di cuore.
Foto sempre più osè e pose ammiccanti. D’accordo, Facebook è uno spazio di libertà – e per di più con una serie di filtri per proteggere adeguatamente la privacy, che consentono di ‘blindare’ qualunque profilo – ma il punto è proprio come viene utilizzato. Nulla di penalmente rilevante, per carità, tuttavia la notizia nel caso di specie ha risvolti e profili sociologici non indifferenti, che i giornalisti hanno il dovere di cogliere. Il riferimento è alla trasformazione dei costumi, favorita da un progresso da cui emergono strumenti come quello che nominalmente sarebbe il ‘libro delle facce’. Un mezzo gratuito, anche se non ‘a costo zero’ per chiunque ne sia iscritto, che muta tranquille casalinghe, professioniste e perfino attempate madri di famiglia (ma la stessa considerazione, seppur in termini leggermente diversi, vale per gli appartenenti al sesso maschile) in vamp capaci di sfoggiare corpi curati (o anche no, in vari casi) e pose ‘esplicite’ o quantomeno ammiccanti. Tanto che in pochi si aspetterebbero come la signora Pina (nome di fantasia ovviamente) e il signor Giorgio (ancora convenzionalmente inteso), spesso inflessibili funzionari di questo o quell’ente pubblico, mostrino toraci e addominali scolpiti in palestra, estremità o parti sensibili del corpo, anche in costume da bagno, con un messaggio – neppure troppo subliminale – ignorato solo dai puri di cuore.
Le ripercussioni. Statistiche e studi nazionali ad hoc parlano – oramai da anni – di un marcato incremento di tradimenti e crisi di coppia in qualche modo acuiti, se non addirittura creati, dai cosiddetti social network. Ma è chiaro che non siano calibrati su una cittadina dell’estremo Sud Italia quale Catanzaro. Di certo, però, c’è che nel capoluogo calabro più degli istituti di rilevamento funzionano il passaparola e il ‘si dice’. Pettegolezzo di quartiere, che tuttavia quasi sempre nasconde un fondo di verità. E allora basti dare un’occhiata a determinati profili – affatto schermati dagli utenti di riferimento – per capire come Facebook possa contribuire in modo decisivo a dare libero sfogo – per i più disparati motivi o esigenze – alla tentazione di mettersi in risalto davanti a un obiettivo, seppur del proprio telefonino, allo scopo di esaltare la bellezza tenuta nascosta o almeno non esaltata in contesti lavorativi; di comunicare la voglia di fare nuovi incontri; di sentirsi desiderata/o, soprattutto in periodi in cui l’autostima scende, e di amplificare lo spirito edonistico da cui moltissimi in modo più o meno manifesto sono pervasi. Un mix di elementi che singolarmente intesi, o combinati fra loro, danno risultati sovente inaspettati.
Il risvolto voyeuristico della faccenda. Ma se c’è chi mostra è perché banalmente ci sono coloro che guardano, direbbe messier de La Palice. E allora ecco che un esercito di ‘internauti’ non fa altro che buttare un’occhiatina salvo poi commentare in modo sprezzante o vagamente moralistico. Ebbene, sull’argomento ci permettiamo di chiosare che si può pure osservare, in considerazione del carattere ‘aperto’ delle pubblicazioni, ma sarebbe meglio tacere.