Catanzaro, il civico consesso più “delegittimato” della storia sarà anche il più “bulgaro”

di Danilo Colacino – Diavolo di un Sergio Abramo che cento ne pensa, ma alla fine sempre una ne fa: svolgere il mandato da sindaco. Quasi una condanna, ormai, per lui.

Che non a caso nei giorni scorsi ha dichiarato di non voler dare forfait per non abbandonare la città, omettendo però di menzionare i ‘consiglieri-bostik’ e i tanti ‘aventi causa’ da lui tenuti attaccati alle rispettive poltrone.

Che non a caso nei giorni scorsi ha dichiarato di non voler dare forfait per non abbandonare la città, omettendo però di menzionare i ‘consiglieri-bostik’ e i tanti ‘aventi causa’ da lui tenuti attaccati alle rispettive poltrone.

Fra amiche, amici, parenti e affini, sono infatti in molti a confidare in lui (e nella tenacia e caparbietà nell’andare avanti, qualunque cosa accada, degne di Vittorio Alfieri: “Volli, sempre volli…”) per non perdere quelle che noi abbiamo definito poltroncine, ine ine, e posti di lavoro invece sicuri e di ‘tutto rispetto’ fra Consiglio e Uffici vari.

Senza il Sergiun neoleghista, peraltro, e soprattutto le sue indubbie capacità sarebbero insomma in parecchi a doversi mettere alla ricerca di una prima, o al massimo seconda, occupazione.

Conseguenza di tutto ciò? Lo stesso Abramo si appresta a varare la Giunta, sostenuta dall’assemblea, più politicamente ‘delegittimati’, ma anche più bulgari (Paese, la Bulgaria, in cui nel periodo dell’Impero sovietico il Parlamento votava in un certo modo con il 99% dei consensi) e polarizzati, della storia repubblicana.

E a riprova della nostra affermazione tranchant citiamo i 29 avvisi di garanzia piovuti sui ’33’ membri totali della vecchia assise, pre dimissioni di massa, per l’inchiesta Gettonopoli; il clamore mediatico nazionale e locale suscitato dal caso Catanzaro; l’ammutinamento, per la verità eterodiretto e in parte già depotenziato, della pattuglia consiliare e assessorile forzista e, in ultimo, il sostegno chiesto (e ottenuto) a uno degli apparentemente più irriducibili e protervi avversari dell’immarcescibile Re Sergio, il suo omonimo Costanzo.

Che però – diciamolo francamente – al netto dell’inviso, a lui e non solo, Mimmo Tallini resta uomo di centrodestra passato anni fa nello schieramento opposto per uno dei tanti casi della vita. Più per necessità, in sostanza, che per convinzione al pari dell’Abramo salito in modo repentino sul carro, pardon sul Carroccio, dei vincitori.

Mosse ardite che tuttavia hanno determinato una maggioranza d’acciaio pro sindaco proprio nel periodo per lui ipoteticamente peggiore. “Il re è morto, lunga vita al re!”, verrebbe dunque da esclamare, se non fosse che in cima ai Tre Colli il monarca è simile all’Araba Fenice, notoriamente in grado di risorgere dalle proprie ceneri.

Tutti contenti, allora? Mica tanto. Basti pensare all’altro highlander della politica catanzarese: il Tallini ferito, che tuttavia uscito solo abbastanza ammaccato ma non certo ‘liquidato’ dallo scontro al calor bianco con la Santa Alleanza, a lui alquanto ostile, Abramo-Aiello-Esposito-Ferro è ancora vivo e vitale e per giunta schiumante di rabbia.

Ma anche pronto a trattare, comportamento nelle sue corde di maggiorente assai realista, magari dissimulando una rinfocolata amicizia di facciata con un fiero primo cittadino ritrovatosi blindato al posto che gli compete con, o senza, l’appoggio di Fi.

Stia in guardia però Abramo perché come si dice: “Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io!”.

Ma lui lo sa – ci mancherebbe che aspetti noi e questo saggio e secolare adagio – così come sa di aver da tempo esaurito la spinta propulsiva a Palazzo De Nobili, ipotizzando quindi di trovare subito spazio quale vicegovernatore (posto per lui allo stato bello ma pressoché impossibile, mutuando Gianna Nannini), poiché abbandonerebbe la pletora di adoranti sostenitori interessati a cui abbiamo fin qui fatto cenno, o – più in là – da senatore salviniano, non appena si voterà per il rinnovo del Parlamento. E vissero tutti, o quasi, felici e contenti. 

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