Che fortuna i figli preti, medici o avvocati. Ma pure al “lavoro” per un maggiorente regionale

di Danilo Colacino – C’era una ‘vecchia’ Italia nel periodo di poco precedente al famoso e salvifico boom economico dei dolci anni Sessanta, in cui si diceva che la fortuna per una famiglia era avere un figlio prete, avvocato o medico.

Missioni, in almeno due casi, o professioni, più precipuamente nell’altra, che avrebbero assicurato agli stretti congiunti del sacerdote ovvero di chi indossava per lavoro camice bianco o toga innanzitutto profondo rispetto e tanta considerazione, ma anche prestigio e – diciamolo – quattrini.

Missioni, in almeno due casi, o professioni, più precipuamente nell’altra, che avrebbero assicurato agli stretti congiunti del sacerdote ovvero di chi indossava per lavoro camice bianco o toga innanzitutto profondo rispetto e tanta considerazione, ma anche prestigio e – diciamolo – quattrini.

Un’idea radicata e ‘resistita’ all’incirca fino al secondo vero Miracolo italiano, quello degli ’80.

Una fase in cui cominciava ad affacciarsi il mito dell’impresa, anzi dell’intrampresa, con il concetto che un capo-azienda o anche un dipendente con certe mansioni si sarebbe fatto una posizione con un mucchio di soldi guadagnati.

Fatto sta che, pure allo stato attuale, malgrado le condizioni sociali e finanziarie siano completamente mutate rispetto a sei decenni fa, ma anche a tre, vedere una giovane o un suo coetaneo prendere i voti (ormai accade sempre più di rado, in realtà) ovvero cominciare ad affermarsi nel campo sanitario, giuridico o degli affari, per genitori e familiari deve fare sempre un positivo effetto.

Ci sa però che, già a partire dal Nuovo Millennio, con le crescenti crisi in atto e l’aumento esponenziale della disoccupazione questo elenco vada di sicuro aggiornato, aggiungendo un altro paio di figure: portaborse e autisti degli eletti e nominati in Regione.

E se si tratta dell’ente calabro, notoriamente provvido e munifico, ancora meglio. Gente a cui non vogliamo di certo gettare la Croce addosso, indulgendo nel qualunquismo, ma che in taluni casi – lo dobbiamo dire per amore della verità – senza meriti particolari, competenze, o adeguati titoli di studio, guadagna quanto, e talvolta persino di più, di un dirigente.

Così è, se vi pare, è il nostro solito commento in casi del genere.

Ma, mai come stavolta, per noi azzeccatissimo. Perché guidare un’auto per un sacco di ore, magari su e giù per i sentieri ‘impervi e tortuosi’ della Calabria, non è affatto facile e men che meno portar sulle spalle la responsabilità di gestire una cosiddetta struttura speciale regionale con un ruolo amministrativo.

Che bello dev’essere, però, vedersi riconoscere per tali impegni cifre da considerarsi faraoniche.

In maniera particolare con i ‘tempi che corrono’.

Ci pensino, allora, mamme e papà italiani del 21. secolo, perché invece di andare molto spesso incontro a enormi sacrifici per pagare tasse per Licei, Università e poi ancora Master e specializzazioni simili, meglio avviarli verso un’importante segreteria politica.

Un luogo e un ambiente in cui assumere una qualifica da futuro responsabile amministrativo – o autista – di talento.

Funzioni delicate, sì certo.

Tuttavia, con un ‘forte’ riconoscimento a fine di ogni mese di duro e lavoro, che almeno ripaga di tale immensa fatica.

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