Cocaina dal Sudamerica in Europa, le rotte del narcotraffico raccontate dai pentiti in aula a Vibo

Le trasferte per "contrattare" con i colombiani: in auto fino a Madrid, poi in aereo in Brasile. Soldi in varie banche, ma anche nei bidoni sottoterra

Traffici fiorenti di cocaina dal Sud America, il trasporto via nave della droga occultato nei container con destinazione i porti di Gioia Tauro e Livorno ma anche altri scali europei, le figure dei broker della droga Vincenzo Barbieri, Domenico Campisi e Francesco Ventrici e i vari gruppi criminali che facevano affari con i narcos inondando di fiumi di polvere bianca il mercato vibonese, calabrese e nazionale. C’è questo e molto altro nelle dichiarazioni dei due pentiti vibonesi, Raffaele Moscato, ex componente dell’ala armata dei Piscopisani, e Andrea Mantella, ex boss scissionista di Vibo Valentia, rilasciate all’udienza odierna del processo “Adelfi” che si sta celebrando dinnanzi al Tribunale collegiale e che vede imputati ben 70 soggetti con l’accusa di narcotraffico internazionale. Raffaele Moscato ha iniziato col raccontare le sue origini criminali e fare riferimento ad alcune delle figure preminenti del panorama vibonese della droga nonché di una parte delle persone coinvolte nel procedimento penale.

Le trasferte per “contrattare” con i colombiani

Le trasferte per “contrattare” con i colombiani

Come Vincenzo Barbieri “grosso broker della droga che poi venne ucciso a San Calogero” che “operava insieme a Giuseppe Topia e Antonio Franzè soprannominato “Platinì” perché giocava bene a calcio”. E sarebbe stato proprio quest’ultimo a riferire al pentito che “insieme a Topia era capo promotore del sodalizio e che partiva con l’auto dirigendosi a Madrid da dove si spostava in aereo in Brasile per poi intraprendere un nuovo viaggio, sempre su un velivolo, verso la destinazione finale allo scopo di trattare la cocaina con i colombiani per conto di Barbieri. E prima di lui queste trasferte mi ha detto che le faceva Topia”. Il pentito ha anche tratteggiato la figura di Giorgio Galiano, genero di Barbieri, identificandola come “uno dei capi promotori che trattava con i colombiani e che poi, per come da imbasciata ricevuta in carcere, è stato affiliato nel penitenziario di Lanciano insieme ad Angelo Maiolo”. Altro imputato sul quale si è soffermato Moscato è stato Antonio Della Rocca, alias “Spillo”, che “è cugino di Franzè il quale mi raccontò del viaggio fatto col congiunto in Brasile e mi aggiunse che fu arrestato da innocente perché non aveva fatto nulla “in quella trasferta anche se conosceva le finalità del viaggio riferite all’acquisto di un carico di cocaina poi sequestrato a Livorno”.

I Mancuso investivano la maggior quota di denaro in cocaina

Proseguendo nel suo racconto, Moscato ha riferito che “oltre ai piscopisani i gruppi che investivano nel narcotraffico erano tantissimi e andavano dai Mancuso, agli Accorinti, dai Fiarè agli Emanuele”; sui Mancuso ha specificato che erano quelli che immettevano le maggiori risorse, anzi “organizzavano proprio i traffici, tant’è che si diceva che controllavano insieme ai Pesce e Piromalli il porto di Gioia Tauro” e che Domenico Campisi e Vincenzo Barbieri “gestivano per conto della famiglia di Limbadi”, aggiungendo che “su Roma, se la vedevano Pantaleone Mancuso alias “l’ingegnere” con il figlio, mentre nel Vibonese c’era l’altro Pantaleone, detto “Scarpuni”, operando sia col gruppo di Barbieri che di Campisi”. Su Barbieri ha affermato che a questi “ad un certo punto non andava più d’accordo con alcuni esponenti dei Mancuso e pertanto ci è arrivata da Sarino Battaglia l’imbasciata di uccidere Francesco Ventrici, che era un broker che lui aveva “creato”, solo che poi non se ne fece nulla. Quest’ultimo era in società con Barbieri che l’aveva preso con sé dopo averlo sottratto al giro dell’usura. Una volta Franzè mi disse che avevano un’azienda per occultare la cocaina nei carichi, affidandola a Pugliese, e dopo la sua morte si puntò tutto su Barbieri il cui gruppo teneva i soldi in Calabria ma anche a Bologna e nelle varie banche, come a San Marino, oppure venivano messi nei bidoni sottoterra”.

“Con gli stupefacenti sono diventati tutti milionari”

Con il traffico di stupefacenti sono diventati tutti milionari ha commentato il collaboratore a domanda del Pm Crea: “Franzè si è costruito casa, Topia aveva conservato 2 milioni di euro, Galeano 4-5 milioni che erano di Barbieri dopo averli dissotterrati; ma tutti vivevano nel lusso, avevano orologi costosi, e alcune delle loro donne avevano preziosi anche di 40mila euro; oppure auto di decine di migliaia di euro”. A Barbieri “poi portavano costantemente somme di denaro, anche nell’ordine di un milione di euro, a Bologna, e li trasportavano nascondendoli nei contenitori di caffè per superare i controlli della Finanza”. A seguire è toccato ad Andrea Mantella rispondere alle domande del pm della Dda, Irene Crea. L’ex boss scissionista, dopo aver ricordato le sue origini criminali e i motivi della sua collaborazione con la giustizia, ha raccontato che tra il 2009 e il 2011 si occupava anch’egli di traffici di droga e che oltre al suo gruppo “in quel periodo operavano quello dei piscopisani, di Accorinti, con Giuseppe Topia, Filippo Paolì, Antonio Franzè e altri di cui non ricordo ora i nomi. Ero a conoscenza di tali circostanze perché apprese per via diretta da Peppone Accorinti”. Ma il boss di Zungri era anche e soprattutto “legato con i due cugini Mancuso che erano contro la compagine di Mimmo Campisi e che sono stati loro ad ucciderlo (nel luglio del 2011 a Preitoni, ndr); sempre Accorinti – ha aggiunto Mantella – aveva tanti canali dai quali approvvigionarsi, faceva arrivare la droga nelle auto trasportate con le bisarche, e poi si riforniva da Mimmo Fuduli, dallo stesso Barbieri e da Ventrici”. Barbieri era “broker di riferimento dei Mancuso insieme a Campisi e questo me lo disse anche Saverio Razionale che, anche lui, commerciava lo stupefacente tant’è”. E anche per Mantella di soldi, queste persone ne avrebbero fatte a palate: “I vari “Scarpuni, Accorinti, Razionale, Campisi e Barbieri avevano disponibilità economiche più della Banca d’Italia”. Successivamente, il pentito si è soffermato brevemente sui contatti all’esterno del sodalizio che portarono “alle uccisioni di Drommi, di quello che chiamavano “U Galatrisi” (verosimilmente Cosma Congiusti, ndr), di Barbieri e Campisi stesso dove la longa manus è stata quella dei due cugini Pantaleone Mancuso con la presenza di Accorinti”. Campisi, nello specifico, per come “riferitomi da Battaglia e Scrugli – ha raccontato Mantella – fu ammazzato perché non ha voluto cedere ai Mancuso una partita di cocaina”. (f.p.)

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