Cristallizzate le modalità che portano alla distribuzione dei carichi di cocaina tra le cosche. “E’ un’operazione particolare, di rilievo proprio in ragione della sua natura”. E’ quanto ha affermato il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, durate la conferenza stampa al comando provinciale della Guardia di Finanza. Per illustrare particolari dell’operazione ‘Crypto”, che ha portato all’arresto di 57 persone per traffico internazionale di droga e al sequestro di beni per 3,7 milioni di euro in diverse regioni italiane. La ‘ndrangheta, secondo gli inquirenti, si faceva garante dell’approvvigionamento della cocaina proveniente dal Sudamerica. “Lo spunto – ha sottolineato Bombardieri – tra origine dall’operazione ‘Jerry’ del 2017 quando siamo riusciti a risalire da alcune indicazioni analitiche ai riferenti sudamericani degli indagati, che hanno la loro legittimazione nelle cosche di ndrangheta di Rosarno, fino a ricostruire la rete organizzativa: dalla fornitura all’ingrosso, fino alla distribuzione sul territorio nazionale e in Europa. Grazie al lavoro della Guardia di Finanza – ha proseguito Bombardieri – abbiamo anche individuato il centro di stoccaggio della cocaina nell’area rosarnese, da cui veniva poi smistata su autovetture verso altre destinazioni”.
Le utenze telefoniche criptate
Le utenze telefoniche criptate
“Nel 2017 – ha detto il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo – vengono scoperte due utenze telefoniche criptate, elementi di indagine che si dimostreranno di grande rilievo. Un ‘sistema’ che viene utilizzato dagli arrestati dalla Repubblica Dominicana, alla Spagna, all’Italia, con la garanzia della ‘ndrangheta di Rosarno per quanto riguarda gli approvvigionamenti di cocaina in sud America. L’organizzazione provvede a rifornire a tutto il gruppo schede telefoniche dedicate e il sistema di criptazione dei messaggi. In quegli scambi telefonici – ha detto Lombardo – gli utenti restano muti e il linguaggio usato è soltanto affidato alla comunicazione di numeri. Un sistema – ha sottolineato Lombardo – non solo per proteggere le operazioni del traffico dello stupefacente, ma che nasconde il malcelato tentativo degli indagati di schivare l’identificazione certa ai fini processuali”.
Per il procuratore aggiunto Gaetano Paci, “Crypto” è una delle tante operazioni per sconfiggere il traffico di cocaina, che svela però la crescente pericolosità delle organizzazioni criminali attraverso l’impiego di nuove e sofisticate tecnologie di comunicazione. Anche se vi è una pluralità di gruppi criminali, l’interazione resta comunque strategicamente nelle mani dei Cacciola-Pronestì di Rosarno”.
Mentalità imprenditoriale rosarnese
Il generale Dario Solombrino, comandante provinciale delle Fiamme Gialle di Catanzaro, ha parlato di “organizzazione transnazionale, potente e ramificata, disarticolata grazie ad un lavoro di importante spessore tecnologico e alle sinergie con le Procure di Reggio e Catanzaro”, mentre il comandante dello Scico, il generale Alessandro Barbera, ha posto in evidenza “le ramificazioni su tutto il territorio nazionale di un’ organizzazione potente ed efficace in grado di fare ricorso a strumenti tecnologici di raffinata efficacia”. Per il collegamento Carmine Virno, responsabile del nucleo economico-finanziario delle Fiamme Gialle a Catanzaro, “emerge dalle indagini una mentalità imprenditoriale dei rosarnesi in grado di interfacciarsi anche con omologhi gruppi operanti in Germania in grado di accedere a sofisticati sistemi di comunicazione per tenere i contatti con tutti gli elementi dell’organizzazione”.
Cocaina dal Nord-Europa e dalla Spagna, colpo ai narcos calabresi: 57 indagati (NOMI)