La Procura di Taranto ha aperto un’inchiesta sulla morte del 33enne Francesco Cufone, di Corigliano – comune in provincia di Cosenza. La salma del giovane, che si sarebbe suicidato giovedì nella sua cella del carcere di Taranto, è stata sequestrata, diisponendone l’autopsia. Il giovane trentatrenne era diventato collaboratore di giustizia dopo l’arresto nel dicembre dello scorso anno in seguito ad un’indagine condotta dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, diretta dal magistrato Nicola Gratteri. Gli agenti della Polizia penitenziaria lo hanno trovato senza vita nella sua cella del carcere di Taranto, in cui era detenuto dallo scorso marzo. L’uomo – secondo gli inquirenti – si sarebbe ucciso realizzando una corda con le lenzuola del letto impiccandosi alla grata della finestra del bagno.
La Procura di Taranto ha aperto un’inchiesta sulla morte del 33enne Francesco Cufone, di Corigliano – comune in provincia di Cosenza. La salma del giovane, che si sarebbe suicidato giovedì nella sua cella del carcere di Taranto, è stata sequestrata, diisponendone l’autopsia. Il giovane trentatrenne era diventato collaboratore di giustizia dopo l’arresto nel dicembre dello scorso anno in seguito ad un’indagine condotta dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, diretta dal magistrato Nicola Gratteri. Gli agenti della Polizia penitenziaria lo hanno trovato senza vita nella sua cella del carcere di Taranto, in cui era detenuto dallo scorso marzo. L’uomo – secondo gli inquirenti – si sarebbe ucciso realizzando una corda con le lenzuola del letto impiccandosi alla grata della finestra del bagno.
Sappe: “Mentre a Roma parlano qua si muore”
“Mentre a Roma parlano a Taranto si muore, e le parole del garante dei detenuti e del Presidente della Repubblica sulla situazione delle carceri e sui diritti delle persone private della libertà, stridono in maniera inaccettabile con quello che accade ogni giorno nell’inferno del penitenziario del capoluogo Jonico e della carceri pugliesi”. Queste le parole di Federico Pilagatti, il segretario nazionale del Sappe, il sindacato di Polizia Penitenziaria. “Non è servito a nulla l’appello di un poliziotto penitenziario che lavora a Taranto al presidente della Repubblica, in cui denuncia le condizioni inumane sia per i poliziotti che per i detenuti – prosegue -. Così nella giornata del 15 giugno, un detenuto di origini calabresi di circa trent’anni in attesa di giudizio per reati contro il patrimonio, ristretto al nuovo reparto (aperto senza aver inviato personale), si è suicidato con una corda rudimentale impiccandosi alla grata della finestra del bagno. A nulla è servito l’intervento del poliziotto in servizio, prontamente intervenuto dopo aver notato che lo stesso non era nella stanza. Purtroppo con questo terzo suicidio dall’inizio dell’anno – conclude Pilagatti -, il carcere di Taranto balza in testa alla classifica nazionale dei suicidi in carcere, record che lo scorso anno era del carcere di Foggia con ben cinque”.